Immigrato albanese espulso dall'Italia: «Non ha interiorizzato regole del vivere civile». La decisione del Tar della Liguria è un caso

Dopo il mancato rinnovo del permesso di soggiorno, l'uomo si era rivolto ai giudici amministrativi presentando ricorso anche contro il Viminale, per poter rimanere in Italia facendo presente la situazione del suo nucleo familiare

Immigrato albanese espulso dall'Italia: «Non ha interiorizzato regole del vivere civile». La decisione del Tar della Liguria è un caso
Se non «interiorizza le regole essenziali del vivere civile» perché commette reati gravi, un immigrato non può vedersi rinnovato il permesso di...

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Se non «interiorizza le regole essenziali del vivere civile» perché commette reati gravi, un immigrato non può vedersi rinnovato il permesso di soggiorno. Lo ha stabilito il Tar della Liguria in una sentenza con la quale ha respinto il ricorso di un cittadino albanese che si era visto negare il rinnovo del permesso di soggiorno dalla Questura di Savona. L'uomo, residente in Italia da 13 anni, era occupato con regolare contratto di lavoro subordinato e con una moglie e due figli (di 7 e 4 anni) a carico e dipendenti soprattutto dal padre per il sostentamento. Dopo il mancato rinnovo, l'uomo si era rivolto ai giudici amministrativi presentando ricorso anche contro il Viminale, per poter rimanere in Italia facendo presente la situazione del suo nucleo familiare, sottolineando che i suoi figli non avrebbero alcun legame con il Paese di origine e che «non riuscirebbero a inserirsi in un paese straniero quale è per loro l'Albania», e che il solo reddito della madre non sarebbe sufficiente al mantenimento dei piccoli.

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Le motivazioni della sentenza

Alla fine il Tar, considerando tutti gli elementi per il rinnovo del permesso di soggiorno, ha ritenuto che la Questura abbia preso un provvedimento legittimo, valutando come decisivo il precedente penale del ricorrente, condannato nel 2021 dal Tribunale di Savona a tre anni di reclusione per sedici episodi di cessione di stupefacenti avvenuti nell'arco di un anno. «La Questura ha evidenziato che tutto il nucleo familiare possiede la stessa cittadinanza e pertanto può rientrare nel paese d'origine - spiega il Tar nella sentenza - Quando uno straniero che ha stretti legami familiari in Italia subisce una condanna per un reato in materia di stupefacenti, si impone di procedere a una valutazione comparativa tra l'interesse alla sicurezza pubblica e quello alla tutela dei rapporti familiari. In questo caso la Questura ha considerato la situazione familiare e gli anni di permanenza sul territorio nazionale, ritenendo che tali elementi fossero recessivi in quanto non hanno influito sull'interiorizzazione delle regole essenziali del vivere civile che sono state violate mediante la commissione di reati di rilevante gravità».

 

 

Sono stati considerati «tutti gli elementi rilevanti e si è ritenuto che nel caso prevalesse l'esigenza di allontanare uno straniero pericoloso, quindi non sussistono i vizi di carenza di motivazione e di illogicità denunciati dal ricorrente». Ricorso respinto: il Tar ha confermato il no al rinnovo del permesso di soggiorno e quindi ha dato via libera alla possibilità del rientro al Paese di origine per tutta la famiglia.

 

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Il Messaggero