Hacker in manette. Attraverso attacchi ai sistemi informatici di alcuni Comuni, si introduceva in banche dati di rilievo istituzionale - Agenzia delle Entrate, Inps, Aci,...
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Denunciati a piede libero, per le stesse violazioni, 6 complici dell'arrestato, tutti impiegati all'interno di note agenzie investigative e di recupero crediti operanti in varie città d'Italia. L'arrestato, indica la Polizia postale, ha «un know how informatico di altissimo livello e numerosi precedenti penali» e sarebbe riuscito ad intercettare illecitamente centinaia di credenziali di autenticazione (user ID e password).
L'attività investigativa condotta dagli uomini del Centro nazionale anticrimine informatico per la protezione delle infrastrutture critiche (Cnaipic) ha permesso di ricostruire come R.G., nel corso degli anni, avesse ingegnerizzato un vero e proprio sistema di servizi, tra cui il portale illecito 'PEOPLE1', commercializzato clandestinamente ed offerto alle agenzie interessate che, pagando una sorta di canone, potevano installare il software con una semplice pen-drive Usb e riuscire così a connettersi clandestinamente alle banche dati istituzionali e fare interrogazioni dirette. Per ottenere l'accesso clandestino alle banche dati, il gruppo criminale utilizzava sofisticati virus informatici per infettare i sistemi degli uffici pubblici riuscendo ad ottenere le credenziali di login degli impiegati. La tecnica utilizzata prevedeva, anzitutto, il confezionamento di messaggi di posta elettronica (phishing), apparentemente provenienti da istituzioni pubbliche, ma in realtà contenenti in allegato pericolosi malware.
I messaggi arrivavano a migliaia di dipendenti di Amministrazioni centrali e periferiche, in particolare a quelli dei piccoli Comuni e dei patronati, che venivano, con l'inganno, portati a cliccare sull'allegato malevolo aprendo così la porta al sofisticato virus informatico che, in poco tempo, consentiva agli hacker di assumere il controllo dei computer. A questo punto il gruppo criminale, potendo contare su una rete vastissima di computer infettati, li metteva in rete sommandone le potenze di calcolo, costruendo quella che, tecnicamente, è definita una Botnet, controllata da remoto dal 66enne grazie a una centrale (cosiddetta Command and Control) che aveva installato su server all'estero.
La potente rete di computer infetti veniva quindi utilizzata dall'indagato per sferrare gli attacchi informatici massivi, compromettere i database delle Amministrazioni pubbliche ed esfiltrare i dati personali dei cittadini.
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Il Messaggero