Ladri di giornali sul web, bloccati in 430mila: maxi-retata della Finanza. Gli utenti rischiano multe fino a 1.032 euro

Sequestrati 545 canali, 8 denunciati: oltre 300 milioni di danni per gli editori

La pirateria digitale dilaga sui canali del servizio di messaggistica Telegram, dove ogni giorno vengono distribuite, illegalmente, le copie digitali dei quotidiani. La Guardia di...

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La pirateria digitale dilaga sui canali del servizio di messaggistica Telegram, dove ogni giorno vengono distribuite, illegalmente, le copie digitali dei quotidiani. La Guardia di Finanza ha inferto un nuovo colpo contro i “ladri di giornali”: sequestrati 545 canali, denunciate otto persone in concorso tra loro per il reato di diffusione, attraverso reti telematiche, di prodotti editoriali protetti dal diritto di autore. I danni per i mancati incassi causati alle aziende editoriali, ma anche all’erario, sono elevatissimi, si aggirano attorno ai 300 milioni di euro e oltre, tenendo conto che la procura di Bari, per una inchiesta simile di un anno fa, ma con meno canali Telegram sequestrati, aveva calcolato che le risorse sottratte erano di almeno 250 milioni di euro.

Per comprendere le dimensioni del fenomeno, basta rileggersi i numeri che hanno caratterizzato l’indagine appena conclusa dal Nucleo Speciale Tutela Privacy e Frodi tecnologiche della Guardia di Finanza di Roma: gli utenti che sugli smartphone e sui tablet scaricavano copie digitali rubate di giornali, ma anche serie e film protette dal diritto d’autore, sono 430mila. Immaginiamo se ognuno di loro, ogni giorno, avesse acquistato onestamente il giornale, sottoscritto un abbonamento digitale a un quotidiano o a una piattaforma di streaming on line: questo ci dà l’idea dell’enormità delle risorse sottratte all’economia.

LE MULTE

I 430mila utenti magari non se ne rendono neppure conto, ma ora rischiano una multa molto salata che può andare da 103 a 1.032 euro: già questo conferma che non vale proprio la pena alimentare la pirateria. Tra l’altro, le indagini della Guardia di Finanza ci dicono anche altro. In passato si sequestravano cd o dvd, prosperava la pirateria su supporti fisici. Visto il giro di affari, ciò che apparentemente era un fenomeno quasi folkloristico in realtà era controllato dalla criminalità organizzata. Questo passaggio sta avvenendo anche nel settore della pirateria digitale. Non è stato appurato per gli otto denunciati, ma la Finanza avverte: «La violazione dei diritti di proprietà intellettuale costituisce un’attività illecita estremamente lucrativa per le organizzazioni criminali e genera notevoli danni per l’economia legale». In sintesi: favorendo la pirateria digitale si rischia una multa salata, che può arrivare anche a mille euro, si danneggia l’economia legale, si contribuisce ad alimentare il flusso di denaro alla criminalità organizzata.

 

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Gli otto denunciati abitano in Lombardia, Piemonte, Veneto, Emilia-Romagna e Campania, mentre i 430mila utenti sono sparsi in tutto il paese. A fare scattare l’inchiesta è stata una denuncia presentata dall’Ordine dei giornalisti della Lombardia che segnalava, come hanno da tempo fatto numerose aziende editoriali, la diffusione illegale online di copie di quotidiani e riviste. Le indagini, coordinate dalla procura della Repubblica di Milano, hanno consentito di smantellare la rete di pirateria digitale che si basava sulla diffusione non solo di copie dei giornali, ma anche di programmi e serie tv rubati alle più importanti piattaforme di streaming. Sui canali Telegram, quasi tutti aperti (solo alcuni erano ad invito), non si pagava una quota d’accesso, ma il sistema ideato dai gestori per fare profitti si basava su due meccanismi. Il primo è quello dell’affiliazione: i canali, vicino ai link dei contenuti diffusi illegalmente, pubblicavano anche i collegamenti che portavano a siti di commercio elettronico. Per ogni articolo acquistato dai 430mila utenti, i gestori dei canali Telegram ricevevano un piccola cifra che, moltiplicata per numeri così alti, si trasformavano in decine di migliaia di euro. Il secondo meccanismo invece si affidava alle sponsorizzazioni grazie alla pubblicazione di banner pubblicitari.

 

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Il Messaggero