Funivia Mottarone: «Uccisi per denaro, che schifo. Il perdono? Mai». La rabbia dei parenti delle vittime

«Schifo». Carica di rabbia, disgusto, dolore, è questa la parola che Corrado Guzzetti ripete più volte, commentando la notizia dei tre fermi per il...

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«Schifo». Carica di rabbia, disgusto, dolore, è questa la parola che Corrado Guzzetti ripete più volte, commentando la notizia dei tre fermi per il disastro del Mottarone, in cui hanno perso la vita quattordici persone, tra le quali il suo ex cognato Vittorio Zorloni, 55 anni, la compagna Elisabetta Persanini, 37, e il loro bambino, Mattia, cinque anni. Nessuna fatalità, nessuna sorte da maledire, ma responsabilità precise. Nomi e cognomi. La Procura infatti ha definito l'accaduto la conseguenza di una scelta deliberata. Le lacrime non bastano.

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IL DOLORE

La disperazione non si può più sostenere in silenzio. E allora Guzzetti, ristoratore di Vedano Olona, grida: «Fa schifo pensare che siano morti per i soldi, sempre i soldi stanno dietro a tutto». Gli fa eco, scegliendo la via dei social, la nipote Angelica Zorloni, primogenita di Vittorio, che a una storia su Instagram affida la sua condanna: «Me li avete ammazzati e a questo, mi spiace, non ci sarà mai nessun tipo di perdono». Già il giorno precedente, Angelica aveva pubblicato una lunga e intensa lettera per dare l'ultimo saluto al padre, diffusasi rapidamente, di condivisione in condivisione, in Rete. «So che da lassù adesso faremo finalmente pace», aveva scritto. E, pensando pure alla compagna del padre e al piccolo Mattia: «Vi porto nel cuore come solo le cose belle si possono portare. Alla prossima vita, che adesso possiate ridere tutti e tre di nuovo insieme nella luce più splendente di tutte». Nelle sue parole, la misura di un dolore insostenibile e lo sgomento per quello che sembrava un evento inspiegabile. E, invece, poi è stato tristemente spiegato. Così Angelica ha pubblicato una foto della famiglia sorridente e poi, lapidario, il suo «Nessun perdono».

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LA GIUSTIZIA

Ora la prospettiva è diversa. Ora, per i parenti delle vittime, la rassegnazione di fronte all'ineluttabile cede il passo alla richiesta di giustizia. «Dopo aver avuto i suoi genitori ammazzati proprio per un discorso di maledetti soldi, prima ci dicono che penseranno ai funerali e poi se lo rimangiano», afferma Guzzetti, guardando alla nipote, che adesso deve affrontare il dolore per le tre perdite e gli oneri di quelle morti drammatiche. «Dove sono gli aiuti? Delle belle parole dette per tenerci buoni non ce ne facciamo niente», prosegue.
«Ci hanno detto che si sarebbero fatti i funerali di Stato e che avrebbero pensato a tutto loro poi si sono rimangiati tutto, negandosi al telefono. Sono amareggiato per me e per i miei nipoti e voglio smascherare a nome di tutte le vittime queste promesse da marinaio fatte dalla politica». Guzzetti denuncia le bugie ma non dimentica il sostegno: «L'unica vicinanza sincera è stata quella dei carabinieri. Il resto è la solita politica scaricabarile». E cerca di dare voce anche ai parenti delle altre vittime.

IL SILENZIO

Alcuni, sopraffatti dalla sofferenza, rimangono in silenzio. Squilla a lungo, senza risposta, il telefono di Luca Malnati, fratello di Silvia, 27 anni, morta insieme al fidanzato Alessandro Merlo, 29, di Varese. Pure i genitori di Alessandro tacciono. Lo zio si sfoga. Parla di rabbia e senso di impotenza. Tra le vittime anche Serena Cosentino, 27 anni, di Diamante, borsista di ricerca al Cnr a Verbania. Insieme a lei, ha perso la vita il fidanzato Mohammadreza Shahaisavandi, 32, iraniano. Intanto, i parenti di Serena hanno chiesto di non portare fiori ai funerali, ma pregare per i due giovani e fare offerte, da devolvere al Cnr per la ricerca. Un modo per portare avanti la memoria della figlia. Adesso è il tempo degli addii. Poi bisognerà lavorare per capire. E per spiegare, prima di tutti al piccolo Eitan Biran, 5 anni, unico superstite, perché al suo fianco non ci sono più il papà, la mamma e il fratellino.


 

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Il Messaggero