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Nel comune di Sasso Marconi c’era la provinciale 37 Ganzole. «Adesso non esiste più. È un fiume di acqua, fango, tronchi d’albero e detriti. Stanno lavorando incessantemente, ma al momento non si sa quando riaprirà», racconta Romina. È solo una delle tante strade dell’Emilia Romagna inghiottite dall’alluvione o spezzate in due dalle frane, la mappa delle infrastrutture della Regione è stata spazzata via da due giorni di pioggia incessante.
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«Avete visto la vastità delle zone colpite, un’estensione che va da alcuni comuni del reggiano fino a tutta la Romagna. Ci sono quasi 300 frane attive e oltre 400 strade distrutte o interrotte», dice il governatore Stefano Bonaccini. Tradurre il disastro in termini economici, al momento, è solo un calcolo per approssimazione. «Avevamo stimato danni per quasi un miliardo due settimane fa, nella prima ondata di maltempo, figuratevi quanto cresceranno. Ammonteranno a qualche miliardo di euro. Ora però la priorità è mettere in sicurezza fino all’ultima persona possibile», ribadisce il presidente.
GLI INTERVENTI
L’esondazione del fiume Idice ha fatto crollare il ponte della Motta, che collega Budrio a San Martino in Argine, uno smottamento tra Sasso Marconi nord e il bivio con la A1 Direttissima, verso Firenze, ha imposto la chiusura di una corsia per la messa in sicurezza. «Nell’area metropolitana di Bologna siamo a una prima stima dei danni di 110 milioni di euro soltanto per quanto riguarda le strade, senza contare le frane e danneggiamenti subiti dai cittadini. La cifra è destinata a salire ed è veramente molto seria», afferma il sindaco Matteo Lepore. L’appello dei primi cittadini rimane lo stesso: «State a casa, non muovetevi, l’allerta rossa non è cessata». Spostarsi, del resto, in alcune zone è ancora impossibile. I tecnici Anas sono sotto pressione, al lavoro ci sono 240 addetti tra personale e squadre incaricate per il servizio di emergenza, 54 i veicoli e i mezzi operativi mobilitati, 223 gli interventi effettuati da domenica. Per fare un bilancio del disastro bisognerà attendere la fine dell’emergenza, spiegano dalla società, e non sarà semplice: c’è differenza tra i danni provocati dall’acqua e quelli causati dalle frane, se sono avvenute su versanti rocciosi o terrosi. «Nel primo caso, se c’è una rete di contenimento, bisogna verificarne la tenuta, in presenza di uno smottamento terroso invece il versante è intriso d’acqua, quindi il monitoraggio durerà più a lungo».
Dalla struttura Anas della Calabria sono in arrivo tre ingegneri specializzati con due droni e un laser scanner gps, strumento che permette di mappare il territorio ed elaborare i dati in 3d: questa analisi rivela se il terreno è ancora in movimento e fornisce dati utili per avviare la progettazione dei lavori di ripristino.
BILANCIO DEL DISASTRO
Per ora c’è un’emergenza da affrontare, ma le valutazioni dei costi per il ripristino delle infrastrutture in alcune zone sono già cominciate. Troppo presto tuttavia, come sottolinea il ministro della Protezione civile Nello Musumeci, per ragionare su cifre «attendibili, perché l’acqua è ancora sui campi e sulle strade. Aspettiamo un quadro dettagliato dei danni, poi decideremo come gestire la prossima fase dell’emergenza e la ricostruzione». Il presidente Bonaccini promette che, «come per il terremoto, ricostruiremo tutto» e ha già un’agenda: «Al governo abbiamo detto che abbiamo bisogno di tante risorse, ma anche di norme spedite, serve un commissario straordinario, adempimenti per i lavoratori, per prorogare scadenze, mutui rate, tanti investimenti». In molte zone dell’Emilia Romagna c’è chi ha perso tutto. «Qui è un disastro. La maggioranza delle aziende sono ancora chiuse e molti imprenditori non sono riusciti a entrare per capire quali siano stati i danni effettivi e le reali possibilità di ripartenza», dice il presidente di Confindustria Romagna, Roberto Bozzi. Che ha tentato di raggiungere i suoi stabilimenti della Vulcaflex, «ma non sono riuscito ad allontanarmi più di dieci chilometri da Ravenna». Ai coltivatori, in una regione dove l’ortofrutta vale 1,2 miliardi, basta invece un’occhiata ai campi allagati per valutare l’entità delle perdite.
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Il Messaggero