Samantha D'Incà, è morta la trentenne in stato vegetativo: il Tribunale aveva dato l'ok a staccare la spina

Samantha D'Incà, è morta la trentenne in stato vegetativo: il Tribunale aveva dato l'ok a staccare la spina
La trentenne Samantha D'Incà, in stato vegetativo dal 4 dicembre 2020, si è spenta sabato dopo che i medici le hanno staccato la spina in accordo con la famiglia...

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La trentenne Samantha D'Incà, in stato vegetativo dal 4 dicembre 2020, si è spenta sabato dopo che i medici le hanno staccato la spina in accordo con la famiglia e su autorizzazione del tribunale. Samantha, una ragazza di Feltre, grosso centro della procincia di Belluno, ha smesso di soffrire al termine di una lunga battaglia legale, portata avanti dalla famiglia, in una Rsa di Belluno dove era ricoverata da tempo. La famiglia ha deciso di staccare la spina e il suo cuore ha cessato di battere. Avrebbe compiuto 31 anni il 28 marzo.


Termina così una lunga battaglia, umana e legale, portata avanti dalla famiglia D'Incà che in questi lunghi mesi ha smosso le coscienze e fatto riflettere sul fine vita.

Eutanasia/«Noi, quelli del fine vita costretti ad emigrare per non dover più soffrire»


LA STORIA
Samantha, dopo una banale caduta nel novembre del 2020, si era fratturata un femore ma dopo un'operazione era precipitata in uno stato di coma vegetativo irreversibile. La famiglia ha iniziato quindi una battaglia burocratica e mediatica per rispettare le volontà della figlia: nessun accanimento terapeutico. Volontà che però Samantha non ha mai scritto nero su bianco. Per questo non è stato possibile staccare la spina.
Dopo l'intervento del Tribunale e infinite peripezie, Samantha era stata trasferita nella casa di riposo di Cavarzano, nel Bellunese, in un nucleo riservato proprio alle persone in stato vegetativo irreversibile.


Quello che più ha colpito in questa storia è il confronto con il labirinto burocratico e legale che i genitori hanno dovuto intraprendere. Una storia che accomuna questo caso a quello di Eluana Englaro. Dopo un lungo percorso, nel novembre scorso, il giudice del tribunale di Belluno aveva attribuito al papà, Giorgio D'Incà, «il potere di prestare in nome e per conto della beneficiaria il consenso informato all'eventuale interruzione delle terapie e trattamenti di mantenimento in vita». Ma nonostante la sentenza il percorso è stato tutt'altro che semplice. Nell'ultima settimana la situazione è precipitata. Sono iniziate così le cure palliative, per alleviare il forte dolore fisico della donna. Poi la fine. Resta il dolore, il cordoglio e un rispettoso silenzio. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero