Desirèe Piovanelli, cartelli con insulti al padre dopo la richiesta di riaprire l'inchiesta

Sono spuntati due cartelli con pesanti insulti e accuse al padre di Desiree Piovanelli, la 14enne uccisa nel 2002 da tre minorenni e un maggiorenne. An riferirlo è il...

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Sono spuntati due cartelli con pesanti insulti e accuse al padre di Desiree Piovanelli, la 14enne uccisa nel 2002 da tre minorenni e un maggiorenne. An riferirlo è il Giornale di Brescia. «Piovanelli Maurizio sei un miserabile burattino appeso ai fili dei burattinai di Leno», è stato scritto sulle strade di Leno, un comune italiano di 14.323 abitanti della provincia di Brescia. Piovanelli un anno fa aveva fatto aprire un'inchiesta bis sulla morte della figlia sostenendo che dietro all'omicidio ci fosse in giro di pedofilia è un mandante ancora libero. Su un secondo cartello c'è un attacco agli uomini «in divisa» definiti« vigliacchi».


Desirée Piovanelli, aperta una nuova inchiesta sull'omicidio della 14enne: spunta un Dna su un fazzoletto


Nel messaggio sono stati anche citati due residenti in paese: uno è un imprenditore che ha presentato un esposto in Procura facendo il nome del presunto mandante del delitto di Desiree Piovanelli e l'altro è il padre di una ragazza vittima anni fa di prostituzione minorile e che aveva denunciato un uomo del paese poi condannato a otto anni. Maurizio Piovanelli, che ha sporto denuncia ai carabinieri, a febbraio scorso aveva trovato sul cancello di casa un fantoccio con un teschio.

L'omicidio. Desi, come la chiamavano tutti gli amici, aveva 14 anni, era un’adolescente brava a scuola, studentessa al primo anno del Liceo Scientifico di Manerbio (Brescia). Venne colpita a morte da quattro vicini di casa: tre ragazzi e un adulto, Giovanni Erra, che tentarono di stuprarla e poi la massacrarono a coltellate all’interno di una cascina sino a causarne la morte. Gli adolescenti vennero condannati a 18, 15 e 10 anni di reclusione, Erra, che guidava il branco, a 30 anni.



Le indagini. Per il delitto della studentessa, il cui corpo venne ritrovato alcuni giorni dopo nella cascina, a poche centinaia di metri dalle villette a schiera in cui vivevano tutti i protagonisti della vicenda, sono stati condannati in via definitiva anche tre minorenni, amici della ragazza, a 18, 15 e 10 anni di carcere. Alla base del lavoro sull'istanza di revisione (dovrebbe essere presentata alla Corte d'Assise d'appello di Milano che nel secondo grado bis inflisse 30 anni all'operaio) c'è, tra l'altro, l'iniziativa del padre della ragazzina, Maurizio Piovanelli, il quale nei mesi scorsi ha presentato in Procura a Brescia un esposto per riaprire le indagini, spiegando che dietro l'uccisione della figlia, a suo dire, ci sarebbe «un qualcosa di molto più grande e che va oltre il tentativo di stupro, con dei mandanti che sono ancora in giro» e facendo riferimento ad un'organizzazione di pedofili.


Le verità processuali. Se lo stesso padre di Desirée rimette in discussione la «verità processuale», è stato il ragionamento dei legali Gentile (avvocato, tra le altre cose, della famiglia Scazzi nel caso di Avetrana) e Cozza, «è altamente probabile che nella Cascina Ermengarda sia successo qualcosa di diverso, da quanto finora sancito dalla Giustizia». Anche il padre di Desirée ha spiegato che si aspettava la richiesta di Erra. «Vorrà fare i nomi che fino ad oggi ha tenuto nascosti - ha chiarito - e che probabilmente sono gli stessi che noi abbiamo fatto mesi fa in Procura. Mia figlia non è stata uccisa perché aveva rifiutato di concedersi a quel gruppo. C'è dell'altro - ha aggiunto - c'è un giro di pedofilia dietro quel fatto e ci sono altri nomi oggi rimasti nell'ombra. Se Erra chiede la revisione è perché vuole svelare la verità che solo lui sa». L'operaio, che venne tirato in ballo dai minorenni (una «chiamata in correità tardiva e anomala», secondo i legali), in un primo momento confessò e poi ritrattò, sostenendo di essere andato nella cascina per recuperare della droga nascosta e di aver visto Desirée già morta.


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Il Messaggero