Fu lui l'ultimo a parlargli. Giuseppe Flauto, l'infermiere assolto nel processo Cucchi, ricorda l'ultima volta che vide Stefano. «Lo trovai disteso su un fianco,...
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Flauto ha ricostruito cronologicamente i suoi contattì con Cucchi. Lo vide la sera del suo ingresso in ospedale e altre tre volte, prima di constatarne la morte la mattina del 22 ottobre. Due giorni prima, il suo primo "'vero" dialogo. «Lo trovai con addosso sempre lo stesso maglione dei giorni prima - ha detto -. Gli proposi di cambiarsi e gli misi sul letto una busta d'indumenti che c'era sul tavolo, ma lui mi rispose che non voleva nulla, di buttarli via. L'unica cosa che ci consentì fu il cambio lenzuola. Gli chiesi cosa gli era successo perché aveva ecchimosi intorno agli occhi, si lamentava di un dolore alla schiena; mi disse che era caduto qualche giorno prima». Poi l'ultimo giorno. «Era magro e tentai di stimolarlo a mangiare - ha aggiunto Flauto -. Con il medico, nel pomeriggio, volevamo fargli una flebo perché c'erano esami che si stavano muovendo in segno negativo. Non accettò».
E la notte prima della morte, un momento “strano”: «Con un collega gli somministrammo la terapia. Era tranquillo, mi stupì che non mi chiese un antidolorifico. Verso mezzanotte suonò il campanello dicendo di essersi sbagliato; cosa che ripeté dopo circa un'ora, dicendo che voleva cioccolata; poi non chiamò più». Verso le 6 di mattina, Stefano Cucchi fu trovato morto. «Tentammo di rianimarlo ma non ci fu nulla da fare. La polizia penitenziaria disse di lasciare il corpo così com'era perché doveva prima visionarlo il magistrato. Andai in infermeria, arrivò il cambio turno, lasciai le consegne, smontai». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero