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Ha aperto l'uscio di casa, ricoperto dal sangue della compagna appena uccisa a colpi di matterello per rispondere al suonare incessante dei vicini. «Il bambino sta bene - ha detto -, ma ora lei non potrà più parlagli male di me». Poi è rientrato richiudendosi la porta alle spalle. Questa mattina, con una serie di colpi al cranio e probabilmente una coltellata al collo, Simone Benedetto Vultaggio, 47 anni riminese, operaio in un mobilificio della zona, ha ucciso la compagna Cristina Peroni, 33, originaria di Roma e mamma di un bimbo di 6 mesi. A Rimini l'ennesimo caso di femminicidio, a Genova un altro caso i cui contorni non sono ancora chiari, ma dove la vittima è di nuovo una donna: Cristina Diac, 48 anni trovata morta nel suo appartamento in via Orgiero a Sampierdarena. Il sostituto procuratore Gabriella Marino sta sentendo in questura il marito e una coinquilina. Il marito, è emerso dalle indagini, aveva un precedente per maltrattamenti nei confronti della donna, risalenti al 2019.
Cristina Peroni morta, cosa è successo
L'uomo non è indagato ma la procura ha aperto un fascicolo per omicidio volontario. Nelle prossime ore verrà incaricato il medico legale per eseguire l'autospia che chiarirà le cause della morte e l'origine delle ecchimosi sul corpo. A Rimini, l'uomo non ha tentato la fuga né di resistere all'arresto, né di gettare via l'arma del delitto ritrovata non distante dal corpo esanime della donna. Si è solo chiuso in un profondo silenzio continuato anche durante l'interrogatorio davanti al magistrato, Luca Bertuzzi, e all'avvocato d'ufficio, Alessandro Buzzoni. L'accusa è di omicidio volontario, aggravato dal contesto familiare. Gli agenti della squadra mobile della Questura di Rimini coordinati dal sostituto procuratore Bertuzzi, quando sono arrivati nell'appartamento di via Rastelli in un quartiere di villette bifamiliari non lontane dal mare, hanno trovato Vultaggio seduto nella sala da pranzo, mentre la donna era in camera da letto riversa a terra in una pozza di sangue e avvolta in un lenzuolo bianco. Il bimbo si trovava in sala da pranzo e secondo gli inquirenti non avrebbe mai corso alcun rischio. Affidato alle cure della nonna paterna, è stato visitato e non presenta segni di traumi.
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L'interrogatorio
Solo una traccia di sangue sulla maglietta, probabile macchia da contatto col padre che dopo aver ucciso la compagna l'ha toccato o preso in braccio.
La ricostruzione
Dopo aver chiamato la polizia i vicini di casa hanno tentato di farsi aprire la porta, ma quando Vultaggio ha aperto la porta di casa era già troppo tardi. «Abbiamo solo chiesto del bambino - hanno detto all'ANSA - e lui ha risposto che stava bene». La coppia che si era conosciuta durante il lockdown su internet un anno e mezzo fa. Velocissima la decisione di andare a vivere insieme e di avere un figlio. Proprio la gestione di quel bimbo li faceva litigare spesso. «Mio figlio era arrivato al punto di dover chiedere il permesso di prendere in braccio il bambino - ha raccontato tra le lacrime Enzo, genitore di Simone Vultaggio - lei poi era già andata via una volta di casa, e il bimbo lo vedeva solo nel fine settimana. È un gran lavoratore mio figlio ma negli ultimi tempi era nervoso, ma aveva iniziato a chiedere aiuto andando da uno psicologo».
L'accusa
Un paio di mesi fa aveva iniziato un percorso seguito dal servizio di igiene mentale dell'Ausl di Rimini. Cristina quindi, quasi rassicurata, era tornata a Rimini da una settimana, ma - come aveva raccontato ad amici - si sentiva comunque pronta ad un distacco definitivo. Non vi sono allo stato degli atti segnalazioni o denunce di alcun tipo, da parte della donna né interventi all'interno dell'abitazione. Anche lui temendo di perdere tutto si era già rivolto ad un avvocato per capire quali fossero i suoi diritti di padre nei confronti della creatura tanto voluta. «Al momento non posso dire se il mio assistito abbia consapevolezza del fatto - ha detto l'avvocato Buzzoni - spero però che capisca subito cosa ha fatto e che collabori con le Forze dell'Ordine. Per ora attendiamo l'interrogatorio di garanzia».
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Il Messaggero