Covid, paura in Sardegna: giovani in fuga senza controlli

Sono scappati. Fuggiti. Quando si è sparsa la notizia del Covid-19 nella comitiva dei 40 romani in vacanza a Porto Rotondo in molti hanno deciso di abbandonare...

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Sono scappati. Fuggiti. Quando si è sparsa la notizia del Covid-19 nella comitiva dei 40 romani in vacanza a Porto Rotondo in molti hanno deciso di abbandonare l’Isola senza fare il tampone. Il motivo? “Semplice”, molti erano in affitto per 4 giorni e un eventuale responso “positivo” avrebbe comportato un prolungamento della locazione senza una data precisa da segnare nel calendario. Finché un paziente non si “negativizza” non può prendere aerei, navi, autobus e ha l’obbligo di isolarsi in casa se sta bene. Altrimenti viene ricoverato in ospedale. 


Perciò molti giovani del gruppo di Roma Nord non se la sono sentita di chiedere un ulteriore credito ai genitori, in caso di tampone positivo, per confinarsi in una casa in Sardegna per chissà quanto tempo. E allora meglio imbarcarsi e rientrare nella Capitale. Testimone di questo esodo è Paolo, romano di 20 anni. Paolo ha contratto la malattia, ed è un componente dell’ormai famosa comitiva dei 40 di Roma Nord che dal 4 agosto all’undici hanno frequentato tutti i locali più rinomati della costa nord - orientale dell’Isola. Paolo è anche tra i 6 ragazzi rimasti a Porto Rotondo. Adesso vive isolato in una stanza dell’appartamento di famiglia.


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Il racconto


Ecco il suo racconto: «Ho la fortuna di avere una casa di proprietà. Quelli che sono fuggiti erano in affitto». «In molti sono letteralmente scappati dalla Costa Smeralda quando si è diffusa la notizia del coronavirus». «Lo hanno fatto - continua - perché avevano paura di aver contratto la malattia, erano in affitto per 4 giorni al massimo e non volevano correre il rischio di dover pagare altri soldi per la locazione», spiega Paolo. E aggiunge: «Hanno usato una doppia mascherina però quando sono saliti sull’aereo». Prova a giustificarli. 
Poi il 20enne si interroga sulla validità del tampone o la sincerità di alcuni suoi amici che sono rimasti in Costa Smeralda. «Ho fatto il tampone e sono risultato positivo. L’ho detto a dei miei amici (romani in vacanza a Porto Rotondo, ndr). Parlo di ragazzi che hanno bevuto dalla stessa bottiglia da cui ho bevuto io, che hanno fumato la stessa sigaretta. Ebbene mi hanno detto di essere negativi». Paolo si ferma e poi aggiunge perplesso: «Ma è possibile?». Lui intanto ammette di sentirsi tutto sommato bene anche se «la mattina la febbre sale anche a 38 e mezzo, la sera invece scende». «La notizia più bella per me è stata quella di non aver contagiato nessuno in famiglia. Sono negativi. Un grande sollievo».
 

I locali


In tutti i locali della Costa Smeralda vigono controlli severissimi. Tuttavia se tra la comitiva qualcuno è asintomatico ogni tipo di accertamento, come la misurazione della temperatura corporea, è inutile. «Dal 4 all’11 agosto - racconta Luca un altro 20enne del gruppo di Roma Nord - siamo andati in almeno sette locali». Li elenca, a partire dal Billionaire a Porto Cervo. Ed è di ieri la notizia che un dipendente sardo, di Sassari, del locale è risultato positivo.

«Ricordo una serata - prosegue Luca - anche al ristorante The Temple». Il tour continua: «Un giorno siamo andati alla discoteca Sopravento. Un’altro al Just Cavalli. A Baja Sardinia siamo andati al Phi Beach». Luca passa in rassegna altri locali. «Il Ritual, una discoteca sempre a Porto Cervo. C’è stata una cena anche in un ristorante a Poltu Quatu, al Canteen». Infine l’ultima tappa è a Porto Rotondo. Il nove agosto la discoteca ospita un evento di musica house. A suonare dietro la console un dj romano, in voga tra i ventenni della Capitale. «Siamo andati al Country, ma quella serata è stata simile alle altre in cui la comitiva si è mossa», sottolinea il 20enne.
In Costa Smeralda, però, c’è anche un’altra realtà. Non solo quella dei romani in vacanza, esiste una fetta importante di gestori di ristoranti, bar, discoteche. Insomma chi va a Porto Cervo o Porto Rotondo a lavorare. «Rispettiamo tutte le regole, il distanziamento, i controlli - spiega Gianmarco Larena gestore di Amazonia, un ristorante di Porto Rotondo, all’interno del Country - ma tutta questa vicenda ci sta penalizzando. Noi facciamo tutto seguendo le regole. Eppure stiamo incassando disdette di prenotazioni. Tutto questo non è giusto».

   


 
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Il Messaggero