«Ero in perfetta salute, non avevo febbre o sintomi legati al Covid in entrambe le serate in cui ho suonato nell'ultima settimana in Sardegna. Il 14 agosto mi è...
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Lorenzo Palazzi, il dj romano di 21 anni molto conosciuto nei locali di Roma nord e non solo, nipote dell'ex ct della nazionale Marcello Lippi, si difende sui social dagli attacchi di chi definisce «untori» lui e gli altri 8 ragazzi romani che sarebbero stati contagiati durante una serata al Country Club di Porto Rotondo.
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Una festa - come tante in quest'estate di movida senza regole - definita come focolaio dell'epidemia quando in realtà «da metà luglio ogni sera in Costa Smeralda ci sono discoteche aperte stracolme di gente - racconta - Non è giusto ricondurre tutto a una singola discoteca. Il virus può essere circolato in 10 locali diversi la stessa sera, senza contare gli affollatissimi ristorati, spiagge e cocktail bar». Ad oggi il dj è in quarantena, ancora asintomatico. Ma non ci sta ad essere definito come responsabile. «E' mortificante indicare me o il nostro staff come portatori del virus in altre zone - scrive sul suo profilo Instagram - L'epidemia e i focolai sono dilagati in tutta Italia. Se noi di ritorno dalla Sardegna siamo risultati positivi è per il semplice fatto che di nostra spontanea volontà abbiamo effettuato il test, pur essendo asintomatici, per tutelare i nostri cari. Come tanti ero in vacanza per vivere un momento di serenità insieme ai miei amici e sono stato colpito anche io».
In queste ore i social dei ragazzi contagiati sono stati presi d'assalto. Come se fossero loro gli unici responsabili della nuova impennata di contagi. E invece da settimane ormai sono sotto gli occhi tutti le immagini di discoteche affollate, feste in spiaggia senza mascherine e distanziamenti:dalla Puglia alla Sicilia, dalla Toscana alla Sardegna. «Molti di quei ragazzi contagiati - spiega ancora Palazzi - erano in Sardegna da tempo e hanno frequentato anche altri locali, dunque è assurdo incolpare una singola discoteca giusto per trovare un capro espiatorio».
Ne è convinto anche Tommaso, uno dei giovani risultati positivi a Porto Cervo: «La nostra unica colpa è stata quella di frequentare luoghi pubblici nel pieno rispetto della legge, come avrebbe fatto il 99% delle persone che conosco. La situazione qui è stata sicuramente gestita malissimo ma a mio avviso la colpa è delle istituzioni che per interessi economici hanno lasciato tutto aperto esponendo la Regione ad un elevato rischio di contagio».
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Il Messaggero