La guerra dei tamponi alla vigilia della Fase 3 non prevede esclusioni di colpi. Nel tutti contro tutti di questi giorni a farne le spese la Fondazione Gimbe che, ieri, ha parlato...
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Virus, Pregliasco: «Oscillazioni nel numero di casi, non mollare con i tamponi. Sempre più focolai localizzati»
LE REAZIONI
L'affondo ha fatto andare su tutte le furie i governatori di Veneto e Lombardia. Dall'entourage di Fontana si è parlato di «ennesimi, inqualificabili, gravi attacchi contro la Lombardia» che invece «ha fatto 845.618 tamponi, contro i 645.309 fatti complessivamente da Lazio, Campania e Puglia». A stretto giro la nota a gamba tesa del Veneto che ha contestato la «incomprensibile modalità di calcolo» con la quale la Fondazione Gimbe sia giunta alle sue conclusioni, «che non corrispondono alla realtà» e che, anzi, «l'incremento medio giornaliero dei tamponi per la diagnosi del coronavirus in Veneto, nel periodo 25 aprile-6 giugno rispetto al periodo precedente (21/2-24/4) è stato del 103%». A queste critiche risponde il presidente Nino Cartabellotta che invita semplicemente a leggere i dati: «Le analisi indipendenti della Fondazione GIMBE hanno valutato le variazioni assolute nel numero dei tamponi diagnostici eseguite dalle Regioni nella settimana 3-10 giugno».
IL MONITORAGGIO
Dal monitoraggio Gimbe emerge che sul fronte dei tamponi diagnostici, ossia quelli che condizionano il numero di nuovi casi, ben 9 Regioni hanno arretrato ulteriormente, e che, tra il 23 aprile e 10 giugno, il trend dei tamponi totali risulta in picchiata libera nelle ultime 2 settimane (complessivamente -12,6%). Per la Fondazione «il trend dei tamponi diagnostici è crollato del 20,7% in prossimità delle riaperture del 4 maggio, per poi risalire e precipitare nuovamente del 18,1% in vista delle riaperture del 3 giugno. Nell'ultima settimana si assiste a un lieve rialzo (+4,6%)». «L'incremento complessivo del 4,6% (+9.431) nella settimana 4-10 giugno, rispetto a quella precedente - conclude l'analisi - non è il risultato di comportamenti omogenei su tutto il territorio nazionale: infatti, mentre 12 Regioni e Province Autonome fanno registrare un incremento assoluto dei tamponi diagnostici, nelle rimanenti 9 si attesta una ulteriore riduzione».
I NUMERI
Mette in guardia dalla guerra dei numeri Franco Locatelli, presidente del Consiglio Superiore di Sanità, «può infatti dipendere dal fatto che i tamponi sono stati fatti soprattutto ai sintomatici». Il calo dei tamponi è confermato anche dall'Istant Report Altems dell'università Cattolica: «Il trend nazionale è in diminuzione: rispetto alla settimana scorsa, in Italia il tasso per 100.000 abitanti è passato da 7,00 a 5,90» e specifica «il tasso settimanale più basso si registra in Campania (è di 2,38 tamponi per mille abitanti nell'ultima settimana); il tasso più alto in Veneto (14,64 per mille), mentre il Lazio si ferma a 3,31, sotto la media nazionale».
Butta acqua sul fuoco il virologo dell'Università di Milano, Fabrizio Pregliasco, che invita a considerare le riflessioni dei centri studi come «uno stimolo a fare meglio, perché quella del tracciamento è la sfida del momento. Rispetto al passato - spiega - c'è una maggiore efficacia e un'efficienza nella gestione dei tamponi e lo vedo anche nel mio ospedale. L'aumento dei casi è un segno di migliore capacità di intercettazione di casi. Tutto questo, però, ci dice che non dobbiamo mollare con i tamponi e il tracciamento dei contatti. Guai a pensare di essere fuori pericolo».
E l'invito alla prudenza arriva dal ministro della Salute, che nell'informativa suo intervento in Parlamento ha sottolineato che: «La strada è quella giusta ma il nemico non è vinto» e che per questo «bisogna rafforzare l'attività di screening e contact tracing, consolidando l'analisi sierologica e tenendo alto il numero dei tamponi», il monito è chiaro: «Non esiteremo a prendere nuovi provvedimenti restrittivi e rigorosi, qualora fosse necessario». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero