Coronavirus dopo la quarantena il "revenge shopping", il nuovo modo di comprare per gratificarsi

Mentre l'Italia si avvicina alla Fase 2, in cui oltre a minori restrizioni alla mobilità, riapriranno le serrande di molte attività commerciali, è...

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Mentre l'Italia si avvicina alla Fase 2, in cui oltre a minori restrizioni alla mobilità, riapriranno le serrande di molte attività commerciali, è probabile che – come sta già accadendo in Cina – torni anche la voglia di fare acquisti. Non più beni essenziali e di prima necessità, ma lo shopping nel senso più comune del termine. Anzi diverso da prima. Il fenomeno, nel paese asiatico, è stato già soprannominato “revenge shopping”, potremmo tradurlo come “acquisti per vendetta”. Una vendetta contro nessuno, ma contro il coronavirus e l'isolamento.


Dicevamo della Cina, dove nei primi giorni successivi al lockdown, si è verificato un vero e proprio boom di incassi nelle boutique del lusso: solo per fare un esempio, una celebre maison francese, in un giorno ha incassato 2,7 milioni di dollari, cifra record per un negozio in Cina. D'accordo qui parliamo di beni di lusso, ma il fenomeno del “revenge spending” ha origini lontani nel paese asiatico, negli anni Ottanta, immediatamente dopo la rivoluzione culturale, per poi riaffacciarsi agli inizi del 2003 dopo un'altra epidemia, la Sars. E come scrive il China Daily, oltre al lusso, i cinesi del post-Covid, punteranno su ristorazione, viaggi ed intrattenimento.

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E cosa succederà in Italia? La certezza è che molti archivieranno con la Fase 1 anche le scorte di farina, lieviti e pasta, per acquisti liberatori, ma secondo Nadia Olivero, docente di psicologia dei consumi all’Università di Milano-Bicocca in un'intervista all'Agi, «le decisioni relative agli acquisti, soprattutto in periodi critici come queste, vengono condizionate, più che dall’entità del conto in banca dal livello di ottimismo sul futuro Paese». Tutto dipende dal consumer sentiment, cioè dalla fiducia che nutrono i consumatori verso il presente, ma soprattutto il futuro. A differenza della Cina, noi italiani abbiamo già superato il momento storico in cui il brand di lusso costituiva una gratifica, ma secondo la psicologa «eccezion fatta per gli acquisti utili alla sopravvivenza, tutto il resto dello shopping risponde parecchio alla necessità di gratificarsi. I prodotti che compriamo hanno a che fare con il piacere, soprattutto perché per averli li paghiamo».
 


Dunque possibile che alla quarantena segua un picco dei consumi, nonostante ci sia una larga parte della popolazione in grande sofferenza economica. «Lo shopping della vendetta rappresenta una reazione psicologica a un periodo di astinenza forzata, la sua natura emotiva non risponde a un bisogno funzionale di questo o quell’acquisto, ma a un volersi prendere quello che ti è stato negato» spiega ancora Olivero all'Agi. E' possibile però che al revenge shopping, si affianchi anche una nuova ed inedita modalità di comprare, influenzata ancora una volta dall'effetto Coronavirus: «la regola del distanziamento sociale sarà in vigore quando ricominceremo ad uscire e questo significa che ci saranno meno occasioni per indossare abiti o borse che gratificano nell’atto del farsi vedere dagli altri. Perderanno il potere che avevano prima del coronavirus, a favore di oggetti utili alla gratificazione personale e familiare». E se anche dovesse prevalere il revenge shopping, il consiglio da tenere in mente per non pentirsi degli acquisti, è che quello che si comprerà «servirà a far stare meglio noi oltre che l’economia italiana. Il consiglio è quello di individuare le priorità». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero