Nei giorni dell'emergenza "Coronavirus" c’è anche chi vorrebbe restare a casa, ma non può. Si tratta dei pazienti che tre volte a settimana...
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Per i dializzati cronici, le terapie si svolgono in stanze comuni, dove viene trattato un massimo di 24 pazienti per turno. E proprio il momento della cura diventa un possibile fattore di trasmissione del virus, così come il trasporto organizzato finanziato dalla Regione per raggiungere gli ambulatori: chi non può utilizzare mezzi propri, si serve di pulmini che trasportano fino a 5 persone per volta. A sollevare il problema sono stati il direttore sanitario e il responsabile del Centro dialisi della casa di cura Ars Medica, i dottori Athos Gentile e Carmine De Cicco. «Per questi pazienti non è possibile posticipare i trattamenti e il problema diventa sempre più serio - spiega il dottor Gentile - Ci atteniamo alle linee guida diramate della Regione, ma ancora non è stato fatto abbastanza. Il problema è enorme non è possibile spostare i macchinari, i trattamenti vengono fatti in stanze comuni dove i malati e il personale sanitario sono per forza di cose in contatto, anche se abbiamo provveduto a distanziare le postazioni e a inserire più turni per renderli meno affollati. Sarebbe necessario attrezzare più strutture per i positivi dializzati, in modo da poterli trattare in aree maggiormente protette».
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Del resto, i dati parlano chiaro e permettono di quantificare l'emergenza. Dai dati della Regione emerge che nel Lazio ci sono più di 5.000 persone che si sottopongono a dialisi cronica ambulatoriale. Il 42 per cento si reca in ospedale, il 58 per cento in centri privati. Il 64 per cento ha più di 65 anni, quindi si trova in una fascia di età a rischio in caso di infezione da coronavirus. «I turni sono affollati, il trattamento è per forza di cose promiscuo - spiega il dottor De Cicco - Per limitare i contagi ci siamo attrezzati cercando di svuotare le sale d'attesa, fornendo dispositivi sanitari di sicurezza, misurando la temperatura dei pazienti in ingresso. Ma il problema si pone anche e soprattutto durante i viaggi, visto che le vetture trasportano gruppi di pazienti per i quali non è possibile utilizzare mezzi propri. Abbiamo iniziato a fornire mascherine e guanti da utilizzare anche durante il viaggio, ma rischiamo di finire presto le scorte. C’è poi il grandissimo problema degli operatori sanitari: da noi ci sono stati due pazienti contagiati e non viene consentito di fare tamponi agli operatori che sono stati in contatto con loro. Se iniziano ad ammalarsi questi medici e infermieri, che sono altamente specializzati, come faremo?».
Solo nelle strutture private negli ultimi giorni ci sono stati più di 15 contagi.
Il Messaggero