Coronavirus, 15enne italiano disabile respinto dal centro di cura a Barcellona: «Vieni dalla zona rossa»

Il Coronavirus blocca Mattia perché è italiano e vive nel Nord Italia. Lui si chiama Mattia Salomone, ha solo quindici anni e soffre di una grave disabilità....

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Il Coronavirus blocca Mattia perché è italiano e vive nel Nord Italia. Lui si chiama Mattia Salomone, ha solo quindici anni e soffre di una grave disabilità. Ha una tetraparesi spastica, con una rara forma di epilessia, che si chiama Sindrome di West. Una malattia che conta un caso su 150mila bimbi. Ha bisogno di cure frequenti che lo costringono a recarsi spesso a Barcellona. Mattia vive a Verona e ieri il direttore del centro di riabilitazione della città catalana lo ha respinto.


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«Ci hanno detto che ci hanno respinto perché veniamo da una "zona rossa" del Veneto e della Lombardia, siamo scoraggiati. Dobbiamo tornare a casa, noi non abbiamo nulla, siamo sani. Ciò che è accaduto è scioccante», racconta il papà Sebastiano in un video sulla pagina Facebook "Aiutiamo Mattia ONLUS". 



«Dicono di aver seguito i protocolli, ma due giorni prima ci avevano detto che era tutto confermato. Poi nessuno ci ha avvisati. Ci siamo sentiti discriminati», ha spiegato il papà a TgCom24. «Attualmente, la Spagna non ha adottato restrizioni per gli italiani in merito al Coronavirus - ha aggiunto - ho degli amici di Milano che tuttora sono a Barcellona in vacanza. Quella che ci riguarda è stata una scelta del direttore, ci eravamo già sentiti due giorni prima con la segretaria del direttore, ho chiamato per avere conferma, per loro era tutto ok». 

Cosa è successo allora? «Quando siamo arrivati ci hanno detto di fare il tampone e di metterci 15 giorni in quarantena - dice il papà di Mattia al TgCom24 - ma poi non ce l'hanno fatto fare perché non presentavamo sintomi e abbiamo preferito tornare a casa. Dovevano avvisarci prima, ci hanno creato dei disagi. Inoltre, altri italiani, nello stesso centro, stanno continuando le terapie». 

Il centro di riabilitazione si è poi scusato con la famiglia. Ha inviato una lettera spiegando di aver scambiato il ragazzo con un altro paziente che aveva già disdetto il suo arrivo e di aver solo seguito i protocolli. Ma il papà di Mattia si è sentito abbandonato: «Penso non andremo più in quel centro». 

 





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Il Messaggero