Quando, sfinita, ha appoggiato la testa sulla testiera del computer, Elena Pagliarini non sapeva che il virus l'aveva già attaccata. «Era l'8 marzo, le 6 di...
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UN MONDO GRANDE»
Il dieci marzo Elena Pagliarini è stata sottoposta al tampone, risultato positivo, il 13 è entrata in quarantena, ora il primo test dice che è guarita. Manca il tampone della doppia negatività perché possa indossare di nuovo camice e mascherina. «Non vedo l'ora di tornare in mezzo ai miei colleghi e alla mia professione, che adoro. Tutti i giorni si rischia, ma è il mestiere che ho scelto, una scelta di cui sono fermamente convinta. Mi spaventa, invece, psicologicamente l'idea di incontrare gli sguardi che ho visto quella volta. Non li dimenticherò mai, mai. Ho ancora tanta angoscia nel mio cuore», racconta. L'infermiera, 43 anni, lavora all'ospedale di Cremona dal 2005, in una delle province della Lombardia che ha registrato il maggior numero di vittime per il Covid-19. «Ho perso degli amici e il papà di uno di loro. Quando tutto questo finirà, dovremo guardarci intorno e vedere chi è rimasto. Ho paura che mancherà qualcuno di cui non mi sono accorta», dice. Per Elena Pagliarini quella foto è «la testimonianza di ciò che stavo vivendo insieme ai colleghi. Rappresenta tutto il mondo infermieristico, che è un grande mondo, fatto da persone pronte a darsi completamente davanti alle emergenze. Il coronavirus lo ha fatto emergere, se possibile, ancora di più». E dai social lancia un ammonimento ai concittadini: «Lo scatto della sala d'attesa del pronto soccorso vuota è una pura casualità. I pazienti muoiono e vengono ricoverati come giorni fa. Non lasciamoci ingannare, rimanete a casa».
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Il Messaggero