Il Coronavirus uccide Cilesi in tre giorni: era uno dei pionieri della lotta all'Alzheimer

Le valigie, la sala d'attesa, il bigliettaio, il capostazione: in una stanza c'è tutto quello che serve per tornare indietro nel tempo, in un viaggio immaginario...

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Le valigie, la sala d'attesa, il bigliettaio, il capostazione: in una stanza c'è tutto quello che serve per tornare indietro nel tempo, in un viaggio immaginario che faccia riemergere emozioni e ricordi. A inventare questa terapia è stato Ivo Cilesi, psicopedagogista specializzato nella lotta all'Alzheimer. Il coronavirus l'ha stroncato in tre giorni, a 62 anni, lasciando sconvolti la compagna di vita e di lavoro Giovanna Lucchelli, i colleghi, i collaboratori delle numerose onlus che chiedevano il suo aiuto.

«Era un gigante buono. È giusto che sia onorato per ciò che ha fatto: un impegno continuo verso gli altri», lo ricorda senza riuscire a trattenere le lacrime Manuela Belardinelli, presidente di Alzheimer Uniti Italia. Cilesi non era particolarmente preoccupato per il coronavirus, «è un'influenza un po' più forte», diceva, «rispettiamo le direttive ma stiamo tranquilli, usciamo con mascherina e guanti per andare nei reparti». Piuttosto si arrabbiava quando sentiva ripetere che sono gli anziani i più colpiti, come se si trattasse di perdite trascurabili.

Ivo Cilesi morto per Coronavirus: con la Doll Therapy fu il papà della lotta all'Alzheimer
 

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E invece è toccato a lui, che non era anziano e per di più in salute: «Era indistruttibile. Un uomo instancabile sempre in giro per i suo progetti», dice sgomenta Giovanna Lucchelli, ora in quarantena, coordinatrice del Centro Ammonis di cui lui era responsabile. Qui, alle terme di Salsomaggiore, aiutava i malati con cure termali abbinate alle terapie. Genovese d'origine, dove si è laureato, da anni viveva a Cene e lavorava a Bergamo, alla riabilitazione cognitiva dell'Area Alzheimer. Era il massimo esperto di demenze, che alleviava con metodi come la Terapia della bambola che permette di mantenere sotto controllo gli stati d'ansia e di agitazione dei pazienti. Martedì sera Cilesi è arrivato a Salsomaggiore a casa della compagna, accusava qualche malessere ma non aveva febbre. Sembrava solo stanchezza per i tantissimi impegni, non diceva mai no a nessuno. In settantadue ore il quadro è precipitato: giovedì notte una crisi respiratoria, venerdì il ricovero all'ospedale di Vaio, a Fidenza, dove risulta positivo al tampone. Sabato viene trasferito all'ospedale Maggiore di Parma, domenica notte muore. «Sono in corso approfondimenti su eventuali patologie pregresse», fanno sapere fonti cliniche. Ma per chi lo amava conta poco. «Ho sentito l'ultima volta Ivo giovedì sera», riavvolge il filo la dottoressa Paola Brignoli, vice del centro di ricerca onlus Innovative elder research. «Non aveva ancora avuto la diagnosi di coronavirus, stava bene. Era una persona umile, che non ha mai ostentato la sua grandezza», spiega, «sempre al servizio degli altri, perdiamo tantissimo con lui. Siamo oppressi dall'angoscia».

LA TERAPIA

Il centro Ier, che studia le linee guida per applicare le terapie non farmacologiche ai malati di Alzheimer, «era il suo sogno, era il maggiore esperto internazionale in questa materia. Dobbiamo continuare, sarà faticoso ma dobbiamo farcela». Perché Ivo Cilesi, dice Manuela Belardinelli, era «una persona unica: ha unito la sua speciale competenza, l'indubbia dottrina, a un grande cuore e sensibilità, facendone una miscela che ha aiutato tanti pazienti». Con lui lavorava a un progetto di formazione per la Terapia delle bambole: «L'ho chiamato, ha aperto subito l'agenda e mi ha rassicurato. Troviamo una data, non ti preoccupare». Quelle bambole di pezza sono sulla sua pagina Facebook, «ma Ivo non c'è più e il modobrutale in cui se ne è andato è ancora più scioccante». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero