La strage dei fiori. Si è abbattuta una tempesta sui vivai. La bufera si chiama Covid-19. Il virus colpisce (indirettamente) le aziende, genera disoccupati, spedisce le...
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Terni, fiori nei cimiteri chiusi «Stiamo trovando una soluzione»
Mai una crisi di questa portata si era abbattuta sul sistema florovivaistico nazionale. Il batterio della xyllela, che pure aveva creato enormi danni agli uliveti e ai vivai pugliesi, in confronto alla situazione attuale sembra un colpo di tosse. Un comparto colpito al cuore. Florovivaisti di tutta Italia per quattro mesi si erano rimboccati le maniche in attesa di piazzare il fiorito stagionale tra marzo e maggio: periodo che rappresenta il punto culminante degli sforzi ed anche dei guadagni. Begonie, gerbere, ortensie, margherite dimorphoteche, orchidee e campanule sono rimaste dentro le serre ad appassire. Danno stimato? “Siamo vicini al 95% di invenduto”, aggiunge Capitanio. Tutti i fiori hanno un ciclo di vita breve: sbocciano, fioriscono e appassiscano. E nel frattempo devi venderli.
Adesso il futuro a breve termine si fa traballante. “L’intero settore impiega 200mila persone – spiega Capitanio - contiamo il 6% del pil agricolo italiano”. Gli sforzi messi in campo dal governo non sembrano essere sufficienti per tenere in piedi il sistema: “Per adesso non è stato previsto niente di specifico per il nostro settore. La previsione del governo è un prestito a tassi bassi da restituire in sei anni – riferisce il presidente di Anve - Come minimo servirebbe il doppio del tempo dati i danni che stiamo subendo, con l’aggiunta anche di un fondo che ci indennizzi”.
Ma oltre al fiorito stagionale, ovviamente, i florovivaisti coltivano anche arbusti, alberi e rampicanti.
Il Messaggero