ROVIGO - Il coronavirus uccide anche quando non uccide direttamente. È il caso di un farmacista di Rovigo, cardiopatico e diabetico, che non è stato possibile...
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Coronavirus, bollettino: 9 nuovi casi a Roma, 1 nel Lazio
Virus, bollettino Veneto. Zaia: «Oggi quattro positivi e cinque morti»
Il 29 gennaio Stefano Ghini, 60 anni, nato a Bolzano da genitori di Ferrara ma ormai veneto di adozione, viene ricoverato per uno scompenso cardiaco all'ospedale Santa Maria della Misericordia di Rovigo dove la moglie Cinzia Truppo, di 62 anni, di Aversa (Caserta), lavora nel laboratorio di analisi ed è specializzata anche in Emergenza sanitaria. A metà febbraio viene dimesso «correttamente», ma la consorte ritiene comunque debba fare ulteriori approfondimenti perché qualcosa non la convince.
Un primario del Monzino da cui viene visitato il 5 marzo vuole ricoverarlo subito, «ma non può per il blocco stabilito dalla Regione Lombardia per i casi ordinari», e quindi predispone di farlo alla prima data utile. Il 18 maggio il dottor Ghini viene chiamato, ma al telefono risponde la moglie. Lui purtroppo è morto per arresto cardiaco improvviso il 14 aprile. «Sarebbe stato necessario avere i Pronto Soccorso separati per Covid e sale operatorie adeguate - si dispera la dottoressa Truppo -. Nessuno può sapere se mio marito sarebbe morto comunque, ma è certo che la sua patologia sarebbe stata scoperta e sarebbe stato ben curato. È uno dei tantissimi pazienti morti per colpa del Covid, ma il nostro dovere è attrezzarci al meglio ed evitare che si possa morire così». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero