Coronavirus, allarme rientrato a Bari: «Paziente forse dimessa in 48 ore»

Allarme rientrato a Bari, dove una donna è stata ricoverata al Policlinico del capoluogo pugliese per un presunto caso di coronavirus. «La paziente sta...

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Allarme rientrato a Bari, dove una donna è stata ricoverata al Policlinico del capoluogo pugliese per un presunto caso di coronavirus«La paziente sta già abbastanza bene, potrebbe continuare la terapia per via orale - spiega Gioacchino Angarano, primario di malattie infettive al Policlinico di Bari -. È sfebbrata, ieri sera aveva 37 di temperature e non ci sono complicanze. Certo, nessuno vieta che abbia due malattie e non una. Ma se sarà confermata esclusivamente solo questa infezione da micoplasma, la terapia la può fare a casa e in 48 ore potrebbe essere dimessa».


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I primi esami eseguiti a Bari hanno, già nella serata di ieri, individuato una positività al micoplasma pneumoniae, una specie di batterio che causa polmonite. «La paziente è tranquilla - ha aggiunto il primario - perché è stata tranquillizzata da noi, ha capito che c'è stata la necessità di attivare l'isolamento e anche in reparto non c'è nessuna preoccupazione». La donna, una cantante pugliese, rientrava in Italia dopo un tour in Asia. Il professor Angarano ha spiegato: «È stato un falso allarme fino a un certo punto, perché è una persona che viene da una zona a rischio con una sintomatologia compatibile con quella del coronavirus. Quindi non è un falso allarme, è un allarme reale che è stato sciolto trovando un altro agente. In ogni caso dobbiamo avere tutte le conferme».

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«Questo caso - ha detto il professor Angarano - ci è servito a dimostrare che tutto funziona. La nostra organizzazione è perfettamente rodata, si basa su grandi professionalità, dagli infermieri agli ausiliari ai medici all'amministrazione centrale». Il Policlinico sta ora aspettando i risultati degli accertamenti diagnostici dall'istituto Spallanzani di Roma. «È una malattia nuova - ha spiegato il primario - quindi noi qui non abbiamo ancora i reagenti particolari. È simile al virus della Sars, quindi i test si basano soprattutto su quelle conoscenze che noi abbiamo, ma simile non vuol dire uguale».
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Il Messaggero