La fuga di notizie relativa all'indagine sul maxiappalto Consip porta a processo cinque persone. Lo ha deciso il gup di Roma, Clementina Forleo, che ha accolto le richieste...
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Consip, Lotti parla in udienza preliminare: «Ignoravo l'indagine non ne parlai con Marroni»
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A processo andranno anche l'imprenditore Carlo Russo per millantato credito, Filippo Vannoni, presidente all'epoca dei fatti di Pubbliacqua, società partecipata del Comune di Firenze, per favoreggiamento e il generale dei carabinieri Emanuele Saltalamacchia per favoreggiamento. A tirare in ballo l'ex ministro Lotti e Saltalamacchia era stato l'ex amministratore delegato di Consip, Luigi Marroni, che ha riferito ai magistrati che erano stati loro due a dirgli che era in corso un'indagine a Napoli sulla società. Quanto a Del Sette, avrebbe rivelato all'allora presidente Consip, Luigi Ferrara, che c'era una indagine in corso sull'imprenditore Alfredo Romeo, con l'invito ad essere cauto nelle comunicazioni. «Il reato di cui devo rispondere è favoreggiamento di un 'non indagatò - ha commentato Lotti -. Come ho fatto finora, affronterò tutto questo a testa alta».
E ancora: «da parte mia non c'è rabbia o rancore per nessuno, neanche verso chi si è divertito a sbattere il mostro in prima pagina senza assumersi alcuna responsabilità». Il proscioglimento di Scafarto, figura-chiave dell'indagine, ha riguardato tutti i capi di imputazione e in particolare i reati di rivelazione del segreto di ufficio, falso e depistaggio. Quest'ultima fattispecie era contestata anche a Sessa. Per quanto riguarda l'ex ufficiale del Noe - che dopo la sentenza, chiaramente commosso, ha parlato di «giorno bellissimo» - il gup ha ritenuto che non ci fu 'alterazionè di una informativa con l'obiettivo di arrestare Tiziano Renzi. Nella sentenza, con riferimento all'accusa di falso, il giudice afferma che «si tratta di errore sicuramente involontario, presumibilmente dovuto a una omessa correzione dell'informativa al momento della sua ultima stesura a meno di non voler attribuire all'imputato comportamenti del tutto illogici e anzi 'schizofrenicì».
Il passaggio «incriminato» del documento è quello in cui la frase «Renzi l'ultima volta che l'ho incontrato» viene attribuita all'imprenditore Romeo, mentre a parlare è l'ex deputato di An Italo Bocchino. «Se Scafarto - sottolinea Forleo - avesse comunque voluto 'inchiodarè Renzi avrebbe sicuramente avuto gioco facile nella correzione dell'errore che era stato da altri compiuto e non avrebbe ripetutamente sollecitato tutti i suoi collaboratori a risentire le conversazioni, a chiedere di eventuali incontri tra Tiziano e Romeo e soprattutto a invitare tutti i predetti a una rilettura dell'informativa, evidentemente finalizzata a scongiurare errori».
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Il Messaggero