Ciro Esposito, la Cassazione: non fu legittima difesa, De Santis mirò ad altezza uomo. È da escludersi la legittima difesa per Daniele De Santis,...
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Madre Ciro Esposito: «Allo stato non interessa la violenza»
Ciro Esposito, Cassazione conferma condanna a 16 anni per De Santis
Nel concordare con la ricostruzione fatta in Appello, la prima sezione penale (sentenza n. 15283) spiega che ci fu «un contatto fisico» tra Ciro e De Santis, probabilmente un pugno del primo al secondo. Questi cadde, e in quell'occasione si ruppe la gamba. Il suo sangue finì sul cappellino di Ciro e sulla pistola, che aveva già impugnato. La sua reazione non fu, secondo i giudici, una risposta a un gruppo di tifosi napoletani che lo avrebbe aggredito. Cosa che, al contrario, si verificò solo dopo gli spari.
La legittima difesa è da escludersi perché De Santis «si trovava a fronteggiare un gruppetto sparuto», quello di cui faceva parte Ciro, «di tifosi disarmati e a mani nude, là dove egli era, al contrario, l'unico ad avere la disponibilità di una pistola». Inoltre, «aveva posto in essere le condizioni obiettive che portavano allo scontro. Aveva provocato una situazione di pericolo, scagliando oggetti contro il pullman dei tifosi napoletani, mettendo in conto una possibile reazione e creando così una condizione obiettiva di pericolo».
Dopo l'azione dimostrativa si mette in fuga, Ciro lo insegue per assicurare sostegno alla tifoseria napoletana. «Non vi è, allora - nota i giudici - cessazione della situazione di pericolo innescato dal gesto precedente». L'uso dell'arma «fu posto in essere deliberatamente»: De Santis «non si servì della pistola per dissuadere i soggetti che si avvicinavano. Né la mostrò o sparò in aria nell'esclusivo tentativo di intimorirli. Sparò cinque volte; ripetutamente e ad altezza d'uomo».
Il difensore di De Santis: «Legittima difesa era nei fatti, rammarico per la sentenza». «Avevo ammirato la decisione dei giudici di Appello che hanno emesso una sentenza coraggiosa. A partire da quel coraggio si poteva arrivare a riconoscere una legittima difesa o almeno un eccesso colposo di legittima difesa. Così non è stato, me ne rammarico». Tommaso Politi, difensore di Daniele De Santis, condannato per l'ominidio del tifoso napoletano Ciro Esposito prima della finale di Coppa Italia Napoli-Fiorentina il 3 maggio 2014, commenta così all'Adnkronos le motivazioni della sentenza con cui la Cassazione ha confermato 16 anni di reclusione per l'ultrà della Roma, negando la legittima difesa.
«È un processo che è nato molto condizionato dal clamore mediatico, con una mostrificazione dell'imputato: un pazzo assassino,un ultrà violento che è andato a fare un agguato. Il nostro lavoro è stato di eliminare tutti gli elementi spuri che erano entrati nel dibattimento Questo lavoro ci è riuscito solo i parte. La sentenza d'Appello è stata una sentenza coraggiosa nella ricostruzione dei fatti - sottolinea l'avvocato - che però non ha riconosciuto che in quelle circostanze si potesse parlare di legittima difesa. La Cassazione ha avallato questa tesi, che io ritengo sbagliata in punto di diritto: a partire da quella ricostruzione si può assolutamente parlare di legittima difesa».
La sentenza d'Appello, ricorda ancora il legale «riconosceva che De Santis era stato aggredito e che gli spari erano intervenuti nel corso dell'aggressione.
Il Messaggero