Il buono divorzio diventa un regalo per il matrimonio

Chi non ha mai pensato che se il matrimonio prevedesse un periodo di rodaggio, tante separazioni e divorzi sarebbero scongiurate, evitando ripicche, guerre giudiziarie, scialo di...

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Chi non ha mai pensato che se il matrimonio prevedesse un periodo di rodaggio, tante separazioni e divorzi sarebbero scongiurate, evitando ripicche, guerre giudiziarie, scialo di carte da bollo, onorari di avvocati e dissanguamenti economici che dissestano le finanze della gente e mandano in rovina le famiglie monoreddito? Il problema del matrimonio è che a parte i più avveduti che concordano almeno un periodo di convivenza come simulazione del passo futuro (e dunque praticano un tipo di obiezione di coscienza) non ha rodaggio. Non lo tollera.


Di più: lo rifiuta sul piano ideologico, quasi che la precauzione negasse l'istituzione nell'essenza. Chi, anche da non credente, sceglie il matrimonio, ne accetta l'azzardo, scommette su un'idea di felicità. Sposarsi, per chi ci crede (o almeno ci tiene), è accettare l'idea che possa non funzionare. Correre il rischio, investendo sull'entusiasmo dell'amore che, quando comincia, è sempre carico di promesse. Sposarsi è sempre sposarsi a costo di. Attraversare il ponte sapendo che può crollare.


<h2>L'avvocato</h2>

Ci voleva un avvocato, per rovesciare il tavolo. Uno che di matrimoni falliti ne ha visti abbastanza per permettersi di diventare blasfemo, mettendo in conto il fallimento e attrezzandosi in caso d'emergenza. È un avvocato di Napoli, anzi un'avvocatessa, che nel giorno delle nozze di una sua collaboratrice le ha regalato pensate un po' un buono divorzio. Un tipo di voucher, destinato a coprire le spese legali in caso di separazione. Pare abbia durata triennale, e in caso di successo matrimoniale (cioè, a separazione scongiurata), potrà essere convertito in moneta sonante.

Un'idea buffa, intelligente, scomoda e anche irricevibile, se non si è dotati di un bel senso dell'umorismo. E sì che suona un po' sconveniente istituire un tesoretto preventivo come regalo di nozze in caso di naufragio delle nozze. Un po' come se uno ti regalasse un kit di sopravvivenza quando stai per salire su una nave da crociera. Insomma: in una circostanza del genere si vorrebbe essere circondati da un pubblico entusiasta, sguazzare nell'ottimismo, festeggiare un'idea comune di speranza, di fiducia nel domani; ed ecco che arriva il tuo capo a ricordarti che del doman non v'è certezza, e ne è così convinto (dell'incertezza del doman) che ti regala addirittura una polizza.

In fondo, quella sollevata dall'avvocatessa del voucher (che per la cronaca è stata molto apprezzata da un suo collega, Vincenzo Malinconico), è una questione filosofica. Chiama in causa la categoria della precarietà sentimentale, la finitezza dell'amore che contrariamente a quanto si pensa non è affatto antiromantica, ma costitutiva di un'idea (meravigliosamente illusoria) di eternità. Soprattutto, il voucher-divorzio fa opposizione al matrimonio in quanto amore istituzionalizzato, sottoposto a leggi, divieti e obbligazioni reciproche, aperto all'intromissione di terzi (terapeuti, giuristi, ufficiali giudiziari, addirittura polizia e carabinieri, per non dire di amici e soprattutto parenti) in caso di guasto, con schermaglia di competenze differenziate per stabilire ragioni e torti.
Direte: okay, ma il voucher-divorzio non scongiura la congerie di fastidi e di sfighe che possono seguire allo sfascio di un matrimonio, perché va da sé che se ti sposi il rischio lo corri a prescindere. Vero. Però svolge il servizio (assolutamente sociale) di richiamare l'attenzione sulle conseguenze (quelle sì, prevedibili fin nei minimi dettagli) della separazione coniugale, e sapete cosa? sospetto che ricevere un bonus che magari non avrai mai occasione di spendere porti molto bene a chi si sposa.

 

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Il Messaggero