Avere un secondo marito in Egitto, sposato pur avendo in Italia già da tempo un legittimo consorte, è una circostanza di «tale gravità da fondare, di...
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Senza successo Roberta ha sostenuto di essersi sposata con un egiziano «per motivi di sicurezza», perchè in certi Paesi, come l'Egitto dove andava spesso, e non per motivi di lavoro, essere sposata con qualcuno del luogo è «una specie di salvacondotto necessario per viaggiare in sicurezza». L'argomento è stato giudicato «inverosimile» dai giudici di merito e dalla Cassazione, che hanno dato credito alla verità scoperta dal legittimo marito, ovvero che la “sua” Roberta aveva una «relazione sentimentale» sullo sfondo del Mar Rosso. Quando Stefano nel 2012 ha scoperto le «nozze» egiziane della moglie, nella coppia romana è stato tutto scintille e ferri corti, e Roberta nel tentativo di ricattare il marito - ed evitare una separazione per lei dannosa - pensò bene di denunciarlo per maltrattamenti presso il Commissariato di zona, nel quartiere Ardeatino. Per difendersi, Stefano ha a sua volta denunciato la moglie per «calunnia, bigamia, estorsione e minacce». Circostanze, rileva la Cassazione, «che hanno trovato riscontro documentale».
«Dunque, il marito - riassumono i supremi giudici - ha scoperto dopo tempo il tipo di vita che conduceva la moglie quando si recava in vacanza in Egitto, ed a quel punto è esplosa la crisi coniugale, costellata da reciproche denunce e culminata con l'instaurazione del giudizio di separazione». Il ricorso di Roberta, per avere casa e assegno, è stato dichiarato «inammissibile» e la moglie bigama è stata anche condannata a pagare 4mila euro di spese legali in favore del marito “numero uno”. Il verdetto conferma quello di primo grado emesso dal Tribunale di Roma nel 2016, e quello successivo della Corte di Appello che nel 2017 ha ribadito «la condotta colposa» di Roberta. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero