Beniamino Zuncheddu assolto dopo 33 anni: «Io, invecchiato in cella, volevo solo una famiglia. Quegli anni sono perduti»

Quasi metà della vita in carcere. Venerdì è stata annullata la condanna all’ergastolo

«Desideravo avere una famiglia, costruire qualcosa, essere un libero cittadino come tutti. Trent’anni fa ero giovane, oggi sono vecchio. Mi hanno rubato tutto. Adesso...

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«Desideravo avere una famiglia, costruire qualcosa, essere un libero cittadino come tutti. Trent’anni fa ero giovane, oggi sono vecchio. Mi hanno rubato tutto. Adesso mi riposerò, almeno mentalmente». 


Parla a margine della conferenza stampa nella sede del partito Radicale Beniamino Zuncheddu, 59 anni, da venerdì un uomo libero, dopo avere scontato 33 anni di carcere. Un filo di voce e una calma inspiegabile. Non mostra rabbia, non è lui a parlare di risarcimento, dice soltanto: «Nessuno potrà ridarmi quello che ho perduto». 

Beniamino Zuncheddu assolto dopo 33 anni in carcere per la strage di Sinnai (Cagliari): «È la fine di un incubo»

Irene Testa, garante regionale dei detenuti della Sardegna e tesoriera del partito Radicale, cerca di spingerlo a raccontarsi. Lui è quasi restio, si fa fatica a sentire. Al suo fianco il suo legale, Mauro Trogu, il sindaco di Burcei, Simone Monni, i consulenti che per anni hanno lavorato alla revisione del processo per la strage di Sinnai. «Beniamino - dice il segretario dei Radicali Maurizio Turco - non è innocente, Beniamino era estraneo a questa storia». 

Come ha vissuto questi lunghissimi anni? 
«Mi sentivo come un uccellino in gabbia senza la possibilità di poter fare niente. E non so se sarei capace di tornare a trovare tutte le persone che conosco e con cui ho vissuto in questi anni, perché vederli dietro le sbarre è un dolore troppo grande». 

Si è mai dato una spiegazione per quello che è accaduto, sul perché sia stato coinvolto proprio lei?
«Non avevo nemmeno voglia di urlare perché non sapevo cosa stesse succedendo. Neppure oggi ho capito perché lo hanno fatto, sono errori che fanno i giudici». 

Ha mai rabbia o sentimenti di odio nei confronti di chi l’ha accusata?
«Sono state vittime, come lo sono stato io per colpa dell’ingiustizia. Non provo rabbia. Ho sempre sognato arrivasse questo momento, dal primo giorno. Mi sento di dover dire grazie al partito Radicale, a chi mi sta intorno, ai miei familiari, al mio paese». 

Qual è stato il momento più brutto in questi 33 anni?
«Il momento più brutto è stato quando mi hanno arrestato e il più bello quando mi hanno liberato». 

Cosa farà adesso?
«Non so dire come immagino la mia vita ora. Voglio curarmi, perché sto troppo male» 

Lei è stato un detenuto modello, in tutto questo tempo non l’ha mai riguardata alcun provvedimento dell’amministrazione penitenziaria, neppure un rimprovero. Ha avuto sei legali che le hanno suggerito di “ravvedersi”, ammettere in qualche modo, sarebbe tornato libero prima, ma non lo ha fatto, perché?
«In carcere mi dicevano sempre: se ti ravvedi ti diamo la libertà. Però non ho accettato, perché non c’entro niente, perché mi dovrei ravvedere se non ho fatto nulla. Io non dovevo pagare, perché io non ho comprato nulla e non avevo alcuna colpa».

Cosa le ha dato la forza di andare avanti?
«Quando ero in carcere la fede teneva alta la mia speranza. Essere libero è una cosa inspiegabile».

Oggi lei è un eroe, se non altro per la sua resistenza, come si sente?
«Io sono solo un sopravvissuto».

Adesso sarà avviata l’istanza di risarcimento, il segretario del partito Radicale ha spinto sui tempi. Che ne pensa?


«Nessuno potrà darmi quello che ho perduto. Desideravo una famiglia». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero