Blocco informatico manda in tilt i processi civili: si ipotizza attacco hacker

Blocco informatico manda in tilt i processi civili: si ipotizza attacco hacker
Giallo su un probabile attacco informatico che avrebbe mandato in tilt i tribunali. L'allarme è stato lanciato al Csm da alcuni consiglieri togati che come...

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Giallo su un probabile attacco informatico che avrebbe mandato in tilt i tribunali. L'allarme è stato lanciato al Csm da alcuni consiglieri togati che come migliaia di magistrati in tutta Italia hanno ricevuto una e-mail dal ministero della Giustizia che li informava del blocco dell'accesso a tutte le loro caselle di posta elettronica certificata e ai sistemi informatici che consentono il funzionamento del processo civile, ormai totalmente telematico. Il problema ha riguardato solo in parte anche la giustizia penale, con lo stop del sistema digitale operativo usato dalle procure per caricare le notizie di reato e assegnare in via informatica i fascicoli.


Conseguenze ben peggiori per il settore civile. «Sono stati sospesi tutti i sistemi operativi che consentono il funzionamento quotidiano della giustizia civile. Il che significa bloccare l'attività giudiziaria perché oggi il processo civile o si fa per via telematica o non si fa e questa non è una scelta del magistrato», spiega il consigliere Luigi Spina, capogruppo di Unicost, che per primo ha sollevato il problema al Csm. Un blocco di questo tipo «paralizza l'intero mondo della giustizia civile, perché gli avvocati non possono depositare gli atti e i giudici non possono fare i processi, visto che non vedono gli atti né possono redigere verbali» conferma il consigliere Gianluigi Morlini (Unicost), giudice civile prima di approdare al Csm. E se il problema non è stato risolto, nei tribunali civili «oggi non si poteva fare nulla, visto che non esiste più il fascicolo cartaceo».

All'origine non ci sarebbe stato un «disservizio» del ministero della Giustizia ma forse un attacco hacker come ha spiegato in plenum il Pg della Cassazione Riccardo Fuzio, che ha parlato del «probabile furto delle credenziali delle Pec gestite dalla Telecom» e ha qualificato l'accaduto come «un episodio allarmante»,individuando nel tavolo tecnico tra Csm e Ministero della Giustizia la sede in cui far pesare le «giuste preoccupazioni» dei magistrati sul funzionamento del processo civile telematico. Il punto è proprio questo: al di là della causa, secondo i magistrati,non si è trattato di un caso isolato, tutt'altro. «Sono gravi e frequenti le disfunzioni del processo telematico» dice il consigliere Corrado Cartoni (Magistratura Indipendente)che ricorda che «5 anni fa si bloccarono per dieci giorni i server di tutta la Sicilia e la Calabria» e che perciò chiede al ministero della Giustizia investimenti.«Sono casi rari ma quando si verificano hanno conseguenze molto gravi», sostiene invece il presidente dell'Unione delle Camere civili Antonio de Notaristefani, preoccupato soprattutto dall'ipotesi di un «furto di dati», che nel caso delle separazioni possono riguardare minori e dunque «dovrebbero essere protetti in maniera inespugnabile».


Il Csm intende incalzare il ministro Bonafede: ha compiuto un monitoraggio sul processo civile telematico e sta preparando una relazione per segnalare le «criticità» riscontrate, come ha annunciato la presidente della Settima Commissione, Loredana Miccichè.
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Il Messaggero