Arrestata la direttrice di Rebibbia: «Nel carcere di Reggio Calabria ha aiutato i boss della 'ndrangheta»

Maria Carmela Longo
Arresti domiciliari per Maria Carmela Longo, fino a ieri capo della sezione femminile del carcere di Rebibbia. «L'indagata Longo non ha lesinato durante il periodo della...

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Arresti domiciliari per Maria Carmela Longo, fino a ieri capo della sezione femminile del carcere di Rebibbia. «L'indagata Longo non ha lesinato durante il periodo della sua reggenza di intrattenere rapporti quanto mai inopportuni con i parenti di alcuni detenuti, per non dire che ella con il suo inqualificabile comportamento ha sistematicamente violato le norme dell'ordinamento penitenziario così agevolando, ed alleggerendo, il periodo di detenzione dei maggiori esponenti della 'ndrangheta cittadina e non solo».

 

Carcere di Reggio Calabria


Lo scrive il gip di Reggio Calabria Domenico Armoleo nell'ordinanza di custodia cautelare emessa nei confronti dell'ex direttrice del carcere di Reggio Calabria Maria Carmela Longo, fino a ieri a capo della sezione femminile di Rebibbia, finita ai domiciliari per concorso esterno in associazione mafiosa su richiesta del procuratore reggino Giovanni Bombardieri e dei sostituti della Dda Stefano Musolino e Sabrina Fornaro.

Nell'inchiesta, condotta dal nucleo investigativo centrale del Dap e che si allarga, sono indagati anche diversi agenti della polizia penitenziaria come i fratelli Massimo e Fabio Musarella, entrambi sovrintentendenti, che sono stati perquisiti perché avrebbero collaborato con l'ex direttrice Longo. Per un certificato sanitario falso, inoltre, la Procura aveva chiesto l'arresto anche per il medico dell'Asp Antonio Pollio e per la detenuta Caterina Napolitano. Un falso che sarebbe servito a quest'ultima per non partecipare a un'udienza di un processo in cui era testimone.

Nell'ordinanza di custodia cautelare c'è scritto che l'ex direttrice Longo ha disatteso «con costanza e sistematicità le molteplici norme che disciplinano la vita penitenziaria così, di fatto, consegnando il carcere Panzera ai detenuti per reati di mafia».

In sostanza, per il gip, l'indagata «è scesa a patti con detenuti del calibro di Michele Crudo, appartenente alla cosca tegano, e con molti altri aderenti alla 'ndrangheta del mandamento reggino». Nell'inchiesta è emerso inoltre che l'ex direttrice Longo si sarebbe interessata per fare ottenere la possibilità di lavorare all'esterno del carcere all'ex presidente della Regione Calabria Giuseppe Scopelliti. Avrebbe impedito, inoltre, che l'avvocato Paolo Romeo, principale imputato del processo «Gotha», fosse trasferito a Tolmezzo.

«E' davvero sconcertante - scrive il gip - che la direttrice di un Istituto Penitenziario si siede a tavolino con il difensore di un detenuto del calibro del Romeo per pianificare una strategia strumentale ad impedire che questi, come prescrive la legge, faccia rientro presso la Casa circondariale di provenienza».


L'inchiesta poggia le sue basi sulle intercettazioni telefoniche e ambientali, ma anche sulle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia come Mario Gennaro, Francesco Trunfio e Pino Liuzzo. Dietro le sbarre entrava di tutto perché - spiegano i pentiti - «i detenuti reggini hanno potere con chi prende le decisioni nel carcere». 
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Il Messaggero