Alex Pompa difende la madre e uccide il papà violento. Il pm «costretto» a chiedere 14 anni di carcere

Il magistrato invita i giudici a ricorrere a Corte Costituzionale

Alex Pompa difesa la madre e uccise il papà violento. Il giudice «costretto» a chiedere 14 anni di carcere
Aveva ucciso il padre a coltellate per difendere la mamma nel corso dell'ennesima lite in famiglia. Oggi, per il ventenne Alex Pompa, il pubblico ministero Alessandro Aghemo...

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Aveva ucciso il padre a coltellate per difendere la mamma nel corso dell'ennesima lite in famiglia. Oggi, per il ventenne Alex Pompa, il pubblico ministero Alessandro Aghemo si è detto «costretto a chiedere 14 anni di carcere». Colpa di un dettaglio nascosto in un angolino del codice penale: nei casi di omicidio di un ascendente non è possibile dichiarare certe attenuanti prevalenti rispetto all'aggravante del vincolo di parentela. Traducendo dal gergo dei giuristi, significa che meno di 14 anni non si può. Il pm ha però invitato i giudici della Corte di Assise di Torino, dove si sta celebrando il processo, a proporre una questione di legittimità costituzionale: «È opportuno valutare la ragionevolezza di questa norma».

 

Alex, il 18enne che uccise il padre violento per difendere la madre. Azzolina: «Farà esame di maturità per ripartire»

 

 

Uccise papà violento per difendere la madre

 

Il 30 giugno 2020, in un appartamento a Collegno, il giovane Alex - descritto dallo stesso magistrato come «un bravo ragazzo, serio, studioso» - si intromise nell'alterco fra i genitori, si avventò sul padre, il cinquantaduenne Giuseppe Pompa, e lo trafisse con 34 fendenti servendosi di 6 coltelli da cucina, uno dopo l'altro. Un omicidio volontario in piena regola, secondo il pm, che ha pure escluso la legittima difesa. Quanto al menage familiare, è vero che Giuseppe Pompa era «aggressivo, ossessivo, molesto, problematico», ma è altrettanto vero, sempre secondo Aghemo, che durante il processo i testimoni hanno cercato di «enfatizzare» i fatti per renderne la figura peggiore di quella che era.

 

 

Se il ritratto che è emerso è quello di un uomo che aveva costretto la moglie e i due figli a sopportare un calvario permanente di scenate, insulti, pretese e vessazioni, il pm ha obiettato che «la situazione non era del tutto ingestibile». Tesi che l'avvocato di Alex, Roberto Capra, contesta con fermezza. La mamma del giovane, Maria, cassiera in un supermercato, ha detto che quel 30 aprile il marito la contattò per telefono 101 volte. Ultimamente si era messo in testa, chissà come, che un collega, al lavoro, le avesse poggiato una mano sulla spalla. Cominciò a inveire quando lei, rientrando dal turno, era ancora sul pianerottolo. «Era una furia. Andò oltre ogni limite. Se non ci fosse stato Alex non sarei qui». Sul ventenne un perito ha individuato «un disturbo post traumatico da reazione disadattiva a un clima familiare alimentato dal comportamento paterno». Sufficiente per certificarne la seminfermità mentale nei minuti cruciali del fatto. Per il resto Alex è rimasto un ragazzo circondato dall'affetto degli amici. Con tanta voglia di normalità: «Il nostro sogno - dice il fratello, Loris - è fare un viaggio insieme. Non abbiamo mai potuto. E poi andare allo stadio a vedere l'Inter». Si è confermato uno studente modello: nel giugno del 2020, pochi mesi dopo la tragedia, dagli arresti domiciliari superò l'esame di maturità ricevendo i complimenti dell'allora ministro Lucia Azzolina. Ora la misura cautelare è stata revocata. Frequenta l'università e lavora come receptionist in un hotel. Ma le attenuanti generiche, e quelle della 'provocazione per accumulò, sembra che le possa ottenere solo in parte.

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Il Messaggero