MILANO «Siamo fiduciosi nella giustizia e auspichiamo pene esemplari». A chiederlo è l’avvocato Alessandra Calabrò, che rappresenta come parte...
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«POTENZIALE ESITO LETALE»
Domani ci saranno gli interventi dei difensori degli arrestati, per i quali il pm Elio Ramondini ha chiesto condanne a dieci anni, e salvo rinvii ad altra data potrebbe arrivare la sentenza. Dall’esame «della documentazione clinica» e da altre analisi è emerso che «non si è mai concretizzato un attuale pericolo per la vita» per Niccolò Bettarini, ma le «caratteristiche» dell’arma utilizzata, le «modalità» dell’azione e le lesioni «al torace e all’addome» risultano «astrattamente del tutto idonee a provocare» ferite «potenzialmente ad esito letale», ha scritto il medico legale nella perizia disposta dal gup di Milano Guido Salvini sull’entità delle lesioni. Il giovane, nella sua deposizione in aula, ha raccontato: «Sì, sono stato riconosciuto come il figlio di Bettarini, la frase su di me che i miei aggressori hanno detto è stata confermata oggi sia da me che dalla mia amica, anche se penso che questo non è stato il vero motivo dell’aggressione, ma sono entrato in qualcosa di scomodo perché volevo solo aiutare un amico». E altri due testimoni, un’amica e un amico del ragazzo, hanno in sostanza, confermato la ricostruzione della vittima. «Ho provato solo rabbia nel rivederli — ha detto Bettarini — e credo nella giustizia».
CARTELLA CLINICA
I difensori dei quattro aggressori, durante il processo, hanno puntato a far cadere l’aggravante dei futili motivi a carico degli imputati, provando a sostenere anche che fu Niccolò, sotto l’effetto di droga, a colpire per primo con un pugno.
Il Messaggero