Nessuno, oltre Poste Italiane, può utilizzare i termini 'francobollò, 'stamp' e 'affrancatura'. L'ha deciso il Tar del Lazio con una sentenza...
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Gps, società autorizzata dal Ministero dello Sviluppo Economico (Mise) a svolgere servizi di raccolta, trasporto, smistamento e distribuzione di invii postali fino a 2 chili, nell'aprile dello scorso anno si vide sollecitare dall'autorità ad eliminare i termini 'francobollò, 'stamp' e 'affrancatura' da tutti i prodotti e materiali informativi in qualsiasi forma utilizzati nei confronti della clientela. Tutto ciò, tra l'altro, ai sensi del Contratto di Programma 2015-2019 tra Poste Italiane ed il Mise, secondo il quale la distribuzione e la commercializzazione dei francobolli costituiscono prerogativa dello Stato italiano.
Contro questa comunicazione, Gps è insorta davanti al Tar chiedendone l'annullamento. I giudici amministrativi, nel respingere il ricorso, hanno ritenuto che «i termini 'francobollò, 'stamp' e 'affrancare/affrancaturà, ai sensi della Convenzione Upu (Universal postal union) (d.P.R. 12 gennaio 2007, n. 18), sono termini riservati allo Stato e a Poste Italiane quale operatore titolare del servizio universale e, per quanto più interessa in questa sede, concessionario del diritto di esclusiva nella distribuzione delle carte valori postali».
In più, il fatto che il termine 'francobollo', «seppur in genere accompagnato da una aggettivazione caratterizzante, è ampiamente impiegato dalla società ricorrente nel proprio materiale pubblicitario e informativo» provoca «una notevole confusione tra gli utenti», dimostrato «in modo evidente, seppur presuntivo, dall'elevatissimo numero di invii di cartoline Gps erroneamente entrati nella rete del fornitore del servizio universale, fenomeno dovuto ai molti turisti che imbucano cartoline Gps nelle cassette di Poste Italiane, anziché in quelle di proprietà della ricorrente». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero