ROMA - Opposizioni sul piede di guerra con l'obiettivo di frenare fino ad elezione avvenuta del successore di Giorgio Napolitano due processi legislativi a cui il governo...
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Sel, M5S e Lega hanno infatti chiesto la sospensione dei lavori d'aula alla Camera e al Senato dove sono in discussione i ddl sulla riforma del Senato e sull'Italicum. Per entrambi Renzi, invece, punta ad avere un secondo sì prima che le Camere si riuniscano il 29 per l'elezione del nuovo capo dello Stato.
La richiesta delle opposizioni è stata respinta dalla maggioranza nelle riunioni dei capigruppo alla presenza della ministra Maria Elena Boschi. Le minoranze sono però tornate in aula dove, con una raffica di interventi, hanno insistito per l'interruzione dei lavori. Lavori comunque rallentati e conclusisi ieri alla Camera con 17 votazioni su altrettanti emendamenti, tutti respinti, al solo articolo 1 della riforma costituzionale. Al Senato, dove ancora non si è cominciato a votare, il clima è comunque surriscaldato dalla presentazione di 47 mila emendamenti (44 mila a firma Lega) che si spera di far decadere in grandissima parte attraverso accorgimenti regolamentari a partire da martedì, quando a palazzo Madama inizierà il voto sugli emendamenti all'Italicum.
A preoccupare di più la maggioranza e in particolare il Pd, sembra essere la minoranza dem - forte di una trentina di senatori - che insiste nel voler cambiare il testo dell'Italicum, riducendo drasticamente il numero dei deputati della futura Camera che saranno di fatto ”nominati“ nei collegi bloccati e con le candidature multiple. La richiesta della sinistra pd è per i collegi uninominali o le preferenze: «Il cuore del problema della legge elettorale - dice il senatore Vannino Chiti - resta il nodo dell'elezione dei deputati dell'unica Camera elettiva».
EMENDAMENTI
Qualche fibrillazione anche in FI, che finora ha sottoscritto solo uno dei quattro emendamenti presentati dalla maggioranza al testo arrivato dalla Camera, quello contenente la soglia del 40% e la ”clausola di salvaguardia“ sull'entrata in vigore della nuova legge elettorale a metà 2016. E proprio su questa clausola ”salva-legislatura“ e sullo spostamento del premio di maggioranza dalla coalizione alla lista, che la folta (si dice una ventina) pattuglia dei senatori vicini a Raffaele Fitto mette i suoi paletti. Nella riunione del gruppo azzurro del Senato a casa Berlusconi è stata chiesta con forza la blindatura della clausola di salvaguardia rispetto a possibili aggiramenti e si è minacciato di non votare il premio alla lista. Un problema in più per l'ex Cavaliere che ha bisogno di mostrare un partito compatto proprio in vista del voto per il Colle. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero