Processo Ruby, l'amarezza di Berlusconi: «Ma non rompo il patto sulle riforme»

Silvio Berlusconi
Silvio Berlusconi incassa con silenziosa amarezza la requisitoria del sostituto procuratore generale di Milano sul processo Ruby e la richiesta di rinvio a giudizio giunta dalla...

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Silvio Berlusconi incassa con silenziosa amarezza la requisitoria del sostituto procuratore generale di Milano sul processo Ruby e la richiesta di rinvio a giudizio giunta dalla procura di Bari per il “caso escort”.




E, almeno per ora, il leader di Forza Italia mantiene distinte le sue vicende personali dal cammino delle riforme.



Il Patto del Nazareno, insomma, resta «blindato», assicurano dall'inner circle del Cavaliere. E, per evidenziare la «responsabilità» di FI sul tema, si fa riferimento a quando, all'inizio di febbraio, ovvero una ventina di giorni dopo la prima stipulazione dell'accordo, il Senato decise di costituirsi parte civile nel processo per la cosiddetta «compravendita dei senatori» senza che ciò portasse alcuna conseguenza alla tenuta del patto.



Piano politico e piano giudiziario, quindi, restano separati anche se basta guardare ai prossimi giorni per scorgere perlomeno un po’ di agitazione sul capitolo riforme. Sul ddl Boschi l'aula di Palazzo Madama inizierà a votare mercoledì mattina mentre per venerdì 18 luglio potrebbe già arrivare la sentenza d'appello con il rischio di una condanna a 7 anni di reclusione che oggi il sostituto pg di Milano, Piero De Petris, ha confermato.



L'accavallamento di date è insomma sotto gli occhi di tutti e difficilmente passerà inosservato tra i senatori forzisti. Anche perché, all'interno del gruppo azzurro a Palazzo Madama, i malumori sul testo Boschi restano, nonostante l'intervento di ieri di Denis Verdini.



Ieri, due dei 22 senatori dissidenti, Cinzia Bonfrisco e Augusto Minzolini, hanno ribadito da un lato la lealtà a Berlusconi insistendo, dall'altro, sulla necessità di un Senato elettivo. Parole che, di fatto, non chiariscono definitivamente la posizione dei frondisti azzurri.



Tra le fila di FI, in tanti si dicono convinti che alla fine la dissidenza evaporerà e i «no» in Aula saranno molto meno di 22, forse non più di una decina di battitori liberi. Ma la volontà del Cavaliere è far rientrare nei ranghi tutto il partito già nel weekend, tanto che la certezza della riunione dei gruppi congiunti di martedì alla presenza del leader FI non sembra più essere matematica. «È in agenda», si limitano a confermare dall'entourage dell'ex premier. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero