Perdere tutto e ripartire con un lavoro «inventato»

Perdere tutto e ripartire con un lavoro «inventato»
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Corsa in taxi Ponte Milvio-piazza Colonna. Il taxista sui cinquanta si scusa: ”Mi dica, che percorso preferisce?”. Mah, decida lei. E lui, camicia azzurra ben stirata, un parlare pacato, le parole scelte con accuratezza, racconta che era dirigente d'azienda, sulla Tiburtina, ricambi d'auto di una casa francese. Buona posizione. Una carriera costruita con sacrificio e competenza. In centro, con la famiglia, solo qualche volta, per acquisti. Poi, d'improvviso, il disastro. La succursale chiude, tutti a casa, chi può va in pensione. Lui smaltisce lo choc pensando a come ricominciare. Con i risparmi, dopo tanto pensare, acquista una licenza di taxi, una scommessa. L'inizio è durissimo. Anche psicologicamente un salto enorme. Da venditore di macchine con clientela facoltosa ad autista con tassametro. E poi l'orgoglio messo alla prova: bisogna, senza lasciarsi strangolare dallo sconforto, abituarsi al traffico, alle corse avare, ai clienti scorbutici, ai vigili e alle multe.




Il racconto si dipana come un ricamo. «Devo imparare a muovermi in centro. Smetterla di chiedere al cliente: “quale strada preferisce?” per voler dire “mi indichi lei il percorso. Che io non lo so”, che del navigatore non mi fido»: E sia apre ancora: «Studio i percorsi a casa anche di notte, sullo stradario, con impegno e umiltà, mi creda. Penso che ce la farò. Devo farcela». Ma ha sbagliato percorso, allungandolo di parecchio. Costo della corsa, 16 euro. Si dispiace: «Me ne dia 10, il giusto prezzo». Da non crederci. Con gente così, forse, ce la facciamo.



paolo@graldi.it Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero