Pennacchi: «Io racconto le storie della gente»

Antonio Pennacchi (Alessandro Di Meo - Ansa)
ROMA (2 luglio) - Antonio Pennacchi, il “fasciocomunista”, vincitore con 133 voti del Premio Strega 2010, col libro Canale Mussolini (Mondadori) ha reagito alle...

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ROMA (2 luglio) - Antonio Pennacchi, il “fasciocomunista”, vincitore con 133 voti del Premio Strega 2010, col libro Canale Mussolini (Mondadori) ha reagito alle polemiche che hanno accompagnato la sua vittoria, che vede per la quarta volta il gruppo Mondadori aggiudicarsi il più prestigioso premio letterario italiano: «State sempre a parlare dello strapotere delle case editrici - ha detto lo scrittore - ma hanno votato il libro non l'editore. Se ho vinto una volta non c'è niente di male».





Pennacchi, 60 anni, di Latina, difende il valore del suo libro, giustamente apprezzato da critica e pubblico. Lo scrittore ha dedicato il premio vinto ieri sera al fratello giornalista Gianni, morto recentemente e ha riconosciuto anche il valore della giovane autrice esordiente, Silvia Avallone, che ha superato di quattro voti e con cui è stato protagonista di un serrato testa a testa fino all'ultimo. «In bocca al lupo alla Avallone - ha detto Pennacchi - la scrittrice c'è e ha lottato fino all'ultimo. Quando si vince bisogna farlo con umiltà. Quando si perde bisogna perdere con onestà».



Canale Mussolini. Saga familiare che riporta alla bonifica delle paludi dell'agro pontino negli anni del fascismo, “Canale Mussolini” ripercorre la storia dei Peruzzi, una famiglia contadina sradicata dalla sua terra d'origine nella bassa padana, come tante famiglie di emiliani, veneti e friulani: «Tremila famiglie che vennero portate, durante il fascismo, nel Lazio, a colonizzare le ex paludi pontine - ha spiegato lo scrittore - io non do giudizi, racconto le storie della gente». «Questa vittoria è un impegno per il futuro a fare sempre meglio - ha continuato Pennacchi - la differenza non la fa il mestiere che fai ma come lo fai. Il conto è alla fine della tua vita. Come dice Saviano nessuno si sceglie il suo destino, quello ti capita ma puoi scegliere come starci da uomo facendo il tuo dovere».



Il passato. Pennacchi, che ha cominciato a scrivere a 36 anni, riconosce l'importanza del sostegno di sua moglie, che ieri sera aveva fretta di andare ad abbracciare: «Mia moglie è il vero autore, tutti i miei lavori nascono dalla sua forza. Io sembro forte ma in realtà sono il cane matto. È lei che mi incatena e mi da la forza di lavorare». La «sottomissione al demone della letteratura è arrivata tardi. Mi sono sempre sottratto. Ho cominciato a scrivere a 36 anni, tre mesi dopo la morte di mio padre. Se non avessi iniziato sarei dovuto rinascere».



Il futuro. Parlando del futuro ha raccontato: «Io le storie le caccio via. Ne ho così tante intorno che le mando via. Ogni famiglia ha i suoi scheletri nell'armadio, dolori veri. Si tende a nasconderli e invece bisogna tirarli fuori. Il narratore è quello che prende alcune storie e le fissa perché non vadano perse».



Il risultato. «Si vince e si perde. La vita è fatta così, è un match. Vincere o perdere, vendere dieci o mille copie, non era importante. La cosa importante era fare bene il mio lavoro. Nella prossima vita voglio rinascere monaco e tacere». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero