Oliveti (Enpam): il medico di famiglia non può essere un dipendente pubblico

Oliveti (Enpam): il medico di famiglia non può essere un dipendente pubblico
Enpam risponde alla proposta di Mercer avanzata nello studio relativo alla ridefinizione del ruolo dei Medici di medicina generale (Mmg) nel contesto dei nuovi servizi...

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Enpam risponde alla proposta di Mercer avanzata nello studio relativo alla ridefinizione del ruolo dei Medici di medicina generale (Mmg) nel contesto dei nuovi servizi sociosanitari territoriali

L’Ente di previdenza dei medici italiani (ENPAM) vede di buon occhio il modello di riorganizzazione dei servizi sanitari territoriali individuato dalla società di consulenza Mercer in uno studio pubblicato questa settimana.

“I bisogni di salute dei cittadini si soddisfano garantendo la possibilità di scegliere un medico di propria fiducia e assicurando una prossimità fisica, come quella degli studi presenti capillarmente in ogni zona d’Italia, e non a chilometri di distanza dalla propria abitazione – osserva il presidente dell’Enpam Alberto Oliveti –. Di certo già dall’immediato futuro il medico di medicina generale andrà messo nelle condizioni di fare più gioco di squadra.” “Questo disegno, già previsto dal Pnrr, sarebbe impensabile se il medico di famiglia diventasse dipendente, con tutte le rigidità che questo rapporto comporta, anziché farlo restare un libero professionista parasubordinato – dice il presidente dell’Enpam –. Dovrà cambiare invece il meccanismo di remunerazione, prevedendo una soluzione mista tra una quota riconosciuta per ogni assistito (quota capitaria) e una quota per le ore lavorate, ad esempio, presso le case di comunità (quota oraria). Così il medico potrà assicurare assistenza e cure primarie con tutte le modalità, sia ricevendo presso il proprio studio, sia andando al domicilio del paziente, sia mettendosi a disposizione per attività comunitarie per le ore richieste”.

“È chiaro che il medico di medicina generale, anche se non dipendente, dovrà aderire obbligatoriamente alle iniziative concordate in Distretto, seguire criteri ben definiti per la presa in carico e per i Percorsi diagnostico terapeutici assistenziali (Pdta), applicare linee guida e sottoporsi a indicatori di performance e a una valutazione dell’appropriatezza clinica – dice Oliveti –. Il medico convenzionato dovrà inoltre adottare standard assistenziali che prevedano vari gradi di integrazione professionale, dalle aggregazioni funzionali territoriali fino alle unità complesse di cure primarie e partecipare a società fra professionisti. In tal modo e con l’adeguato supporto tecnologico e tecnico-amministrativo, il medico di famiglia potrà però diventare un vero primario del proprio “reparto” di medicina fiduciaria, al servizio della persona e della comunità”.

 

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Il Messaggero