Meriam, fine dell'incubo per la donna condannata a morte in Sudan per apostasia: è libera

Meriam Yehya Ibrahim
Il tribunale sudanese ha ordinato la liberazione di Meriam Yehya Ibrahim, la donna condannata per apostasia in seguito alla sua conversione al cristianesimo. ...

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Il tribunale sudanese ha ordinato la liberazione di Meriam Yehya Ibrahim, la donna condannata per apostasia in seguito alla sua conversione al cristianesimo.


Lo riferisce Antonella Napoli dell'associazione Italia for darfur, riportando un messaggio di Khalid Omer Yousif, presidente dell' Ong Sudan chance now.



«Meriam è libera, l'hanno rilasciata e ora sta tornando a casa». La conferma è arrivata dall'avvocato della donna, Elshareef Ali, che ha parlato ai microfoni della Bbc: «Siamo molto felici e ora stiamo andando da lei».



Picierno (Pd):
«Bellissima notizia». «La decisione del tribunale d'appello sudanese di disporre la scarcerazione di Meriam Yehya Ibrahim, la donna cristiana condannata a morte per apostasia, è una bellissima notizia. Un risultato che premia il costante impegno del nostro Paese, del presidente del Consiglio e del Governo, che si sono spesi per la liberazione di Meriam e il prezioso lavoro svolto dalla associazione Italians for Darfur. La felice conclusione di questa drammatica storia deve rafforzare la volontà, a tutti i livelli, di impegnarsi con coraggio e volontà nella difficile ma decisiva battaglia per la difesa e la tutela dei diritti umani».



Lo afferma Pina Picierno, europarlamentare del Pd. «Ritengo che anche da parte delle istituzioni europee - aggiunge - sia necessario dare segnali sempre più forti e decisi su questo fronte. La tutela dei diritti umani è un elemento costitutivo dell'Unione europea, e ritengo quindi fondamentale onorare quella che è la 'ragionè morale della nostra comunità. L'Italia e il Pd proseguiranno nel loro impegno, sapendo che questo risultato è tanto più importante quanto può servire ad accrescere la convinzione nella comunità internazionale di disporre delle risorse necessarie per battersi in difesa dei diritti fondamentali»
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Il Messaggero