Se passate da piazza del Popolo (e dintorni) v'imbatterete in mille sfregi colorati alle pareti dei palazzi, sulle mura della salita del Pincio, sulle colonne delle due chiese...
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«Lasceremo questa piazza più pulita di come ce l'hanno consegnata», gigioneggiava Matteo Salvini verso la platea brulicante di bandiere leghiste mentre gli attivisti marcavano con quello scempio un territorio che non è il loro ma di tutti con manifesti adesivi (“Renzi va a casa”). Uno scenario di bellezza tappezzato di slogan. Voleva, il laeder padano, cimentarsi nel facile paragone con i vandali olandesi del Feyenoord, ubriachi all'assalto della Barcaccia a piazza di Spagna della settimana passata.
Se alle roboanti promesse di Salvini seguono i fatti che adesso constatiamo, se ai suoi programmi seguiranno i disastri temuti, il discorso si chiude qui. Ma si deve tenere aperto quello che riguarda Roma e i suoi ricorrenti lanzichenecchi, a qualsiasi brand siano iscritti. Chi imbratta paga: dev'essere, di qui in avanti, l'imperativo categorico per tutti. Una legge, un'ordinanza, una multa: che sia di monito ed anche di risarcimento verso un'accoglienza generosa, troppe volte tradita e vilipesa. Cercasi autorità che ci riesca.
paolo@graldi .it Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero