Volo fatale dal sesto piano del Casermone, nuove indagini sulla morte di Manolo

Volo fatale dal sesto piano del Casermone, nuove indagini sulla morte di Manolo
Nuove indagini sulla morte di Manolo Spada, il tredicenne che nel settembre del 2017 cadde da un lucernario, al sesto piano di una palazzina del Casermone. A disporre un...

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Nuove indagini sulla morte di Manolo Spada, il tredicenne che nel settembre del 2017 cadde da un lucernario, al sesto piano di una palazzina del Casermone. A disporre un supplemento d’inchiesta è stato il Gup Ida Logoluso che ha accolto l’opposizione dei legali di parte civile, gli avvocati Nicola Ottaviani e Luigi Tozzi, contro la richiesta di archiviazione presentata dal pubblico ministero Monica Montemerani.

La tragedia risale al 9 settembre di due anni fa. Manolo stava giocando con alcuni amici all’ultimo piano della palazzina dove abitava con la sua famiglia, nel grande complesso di alloggi popolari di Selva Piana. Ad un certo punto il ragazzino ha fatto un salto sopra un lucernario, i finestroni hanno ceduto e Manolo è precipitato. Un volo di oltre quindici metri che non gli ha lasciato scampo. Il tredicenne è morto tra le braccia dei sanitari.
Sull’incidente venne aperta un’inchiesta per omicidio colposo allo scopo di capire se vi fossero responsabilità da parte del proprietario dell’immobile, l’Ater, che avrebbe dovuto preoccuparsi di interdire l’area notoriamente pericolosa.
Al termine dell’indagine, però, la Procura ha chiesto l’archiviazione ritenendo fondate le argomentazioni dell’Ater: non avendo quella palazzina un amministratore condominiale, si era di fatto instaurata una sorta di autogestione, per cui nessuno poteva rispondere della mancata vigilanza su quella situazione di pericolosità.

LE TESI DEI LEGALI
La parte civile, rappresentata dagli avvocati Ottaviani e Tozzi, si è opposta a questa tesi. In primo luogo hanno fatto ascoltare alcuni amici di Manolo che hanno confermato che quell’area era abitualmente frequentata da almeno tre anni. Era diventato uno spazio condominiale a tutti gli effetti. Una circostanza di cui l’Ater era a conoscenza.
In merito poi alle presunte responsabilità, gli avvocati hanno prodotto alcune sentenze secondo cui l’assenza di un amministratore condominiale, e quindi in una situazione di fatto di autogestione, non fa venire meno l’obbligo da parte del proprietario dell’immobile di vigilare sulle condizioni di sicurezza e di intervenire quando queste vengono meno.

Tale tesi è stata accolta dal Gup che ha respinto la richiesta di archiviazione e disposto un supplemento d’indagine per individuare in capo a chi, all’interno dell’Ater, fossero le responsabilità di vigilanza. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero