Truffa e riciclaggio a Frosinone, interrogati gli imprenditori Marino Bartoli e Angelo De Santis

Entrambi hanno risposto alle domande del Gip

Truffa e riciclaggio a Frosinone, interrogati gli imprenditori Marino Bartoli e Angelo De Santis
Angelo De Santis e Marino Bartoli, i due imprenditori arrestati l'altra mattina dagli agenti della squadra Mobile di Frosinone e da militari della Guardia di Finanza, insieme...

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Angelo De Santis e Marino Bartoli, i due imprenditori arrestati l'altra mattina dagli agenti della squadra Mobile di Frosinone e da militari della Guardia di Finanza, insieme ad altri personaggi di spicco della Banca popolare del Frusinate hanno deciso di parlare e fornire , nel corso dell'interrogatorio tutte le spiegazioni alle contestazioni avanzate dalla Procura e che hanno trovato conferma nell'ordinanza di custodia cautelare. I due imprenditori debbono rispondere a vario titolo di associazione a delinquere, falso, truffa per erogazioni pubbliche, riciclaggio, auto riciclaggio emissione di documenti e fatture inesistenti , indebite compensazioni di imposte, ed esercizio abusivo di attività di intermediazione finanziarie.

In tutto sono 33 gli indagati, mentre 11 società sono finite sotto sequestro come 10 milioni di beni nella disponibilità delle persone sotto accusa.

TRASPARENZA

Per quanto riguarda i rapporti con la banca entrambi hanno sostenuto che questa era esente da censure e che tutte le operazioni erano state effettuate in modo trasparente. Quindi a loro dire c'era stata la massima correttezza con l'istituto di credito . Bartoli che si trovava ai domiciliari per una violazione di sigilli (precedentemente l'uomo era stato accusato di abuso edilizio) si è detto disponibile a fornire tutte le spiegazioni del caso in quanto a suo dire avrebbe sempre operato in modo cristallino. Si sono difesi, insomma, come c'era da aspettarsi ma forse sono andati anche oltre.

Da alcune informazioni raccolte, infatti, sembra comunque che da parte dei due imprenditori ci sia stata la massima collaborazione con la magistratura proprio per far luce su questa vicenda che presenta numerosi lati oscuri.
La disponibilità degli imprenditori potrà chiarire ancora meglio il funzionamento delle associazioni a delinquere contestate e non è da escludere che possa dare un ulteriore impulso alla stessa indagine.
Intanto nei prossimi giorni l'avvocato d Angelo Testa - che li assiste entrambi - presenterà istanza al tribunale del Riesame per ottenere la scarcerazione dei suoi assistiti e l'annullamento dell'ordinanza.

L'ANTEFATTO

Le indagini avviate dalla squadra Mobile hanno preso spunto da un traffico di droga, grazie a una intercettazione si è capito che c'era qualcosa relativa ai finanziamenti "facili" e all'intervento nelle aste giudiziarie, ma anche a truffe con il superbonus Il tutto grazie ai "buoni uffici" di Angelo De Santis con il direttore generale e amministratore delegato della Popolare del Frusinate, Rinaldo Scaccia, posto invece ai domiciliari.

Per lui, come per i due funzionari di banca Luca Lazzari e Lino Lunghi, per i notai Federico e Roberto Labate, l'avvocato Gennaro Cicatiello e l'imprenditore Paolo Baldassara gli interrogatori si terranno tra domani e lunedì nelle rispettive abitazioni, dove sono ristretti da martedì dopo la notifica dell'ordinanza. Tra gli avvocati che li assistono ci sono: Pierpaolo Dell'anno, Giorgio Igliozzi, Sandro Salera e Paolo Marandola.

LE VERIFICHE

Sempre settimana prossima la Banca d'Italia dovrebbe un'ispezione nei confronti della Popolare del Frusinate a seguito dell'operazione eseguita martedì. Un atto dovuto, in casi del genere, per comprendere se ci sono state irregolarità o esistono rischi (esclusi dalla Bpf in una nota ufficiale) per i risparmiatori, gli investitori e i clienti dell'istituto.

La banca nella quale si sono svolte le operazioni contestate dalla Procura ha fornito già martedì i dati per rassicurare che i crediti concessi hanno ampie garanzie reali e l'ammontare di quei prestiti è solo il 5% di quelli dell'istituto. Tra le accuse mosse dagli investigatori, però, c'è anche la mancata segnalazione di operazioni sospette o a rischio proprio alla stessa Banca d'Italia.
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Il Messaggero