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Organi prelevati nel corso dell’autopsia e poi spariti, accertamenti medico-legali mai svolti. Per provare a capire perché a 21 anni dal delitto l'assassino di Serena Mollicone non ha ancora un nome bisogna riavvolgere il nastro e ripartire dall'inizio, quando vennero compiuti una serie di svarioni investigativi che hanno compromesso la ricerca della verità.
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A svelarli è stata l'anatomopatologa Cristina Cattaneo che si è occupata delle analisi sulla salma di Serena riesumata nel 2016. La consulenza della Cattaneo era uno dei pilastri del processo che si è concluso con l'assoluzione dell'ex maresciallo Franco Mottola, del figlio Marco, della moglie Anna Maria e dei due carabinieri, Vincenzo Quatrale e Francesco Suprano. Tuttavia l'ipotesi, suffragata dai suoi accertamenti, secondo cui Serena avrebbe sbattuto la testa contro porta dell'alloggio della caserma (l'arma del delitto secondo l'accusa) non ha retto alla prova del giudizio.
Nella sua perizia però la Cattaneo racconta anche altro. Dà conto in particolare di tutto ciò che all'epoca del ritrovamento del cadavere non venne fatto o fatto solo parzialmente per stabilire ora, cause e dinamiche del decesso. E per cercare eventuali tracce di terze persone o di ambienti dove era stata uccisa.
GLI ORGANI SPARITI
Nella perizia si parla della sparizione degli organi genitali prelevati nel corso della prima autopsia e mai più rivenuti per ulteriori indagini. Elementi che avrebbero consentito di far “raccontare” al corpo di Serena più dettagli sulla sua uccisione.
La Cattaneo non precisa le circostanze e le ragioni del mancato rinvenimento di quei reperti. Questo aspetto non è mai stata approfondito, ma pare che gli organi, rovinati a causa di un cattivo stato di conservazione, vennero distrutti.
Potevano essere ancora utili? Forse sì. Almeno per dire se Serena aveva avuto avuto dei rapporti sessuali. Tanto è vero che la Cattaneo sulla salma riesumata, pur mancando gran parte degli organi genitali, è riuscita ad esaminare oltre 1400 peli e solo uno di questi non è risultato appartenente a Serena, ma le successive comparazioni genetiche condotte dai carabinieri del Ris non hanno prodotto risultati utili.
Gli organi genitali non sono gli unici reperti “spariti” nel corso delle indagini. La Cattaneo scrive anche che alcune lesioni prelevate sul cranio di Serena, che avrebbero potuto aiutare a identificare la natura dell’oggetto contundente, «non sono state più ritrovate in seguito ai vari passaggi avvenuti negli anni successivi».
L'ORARIO INCERTO DEL DECESSO
Questi aspetti sono stati affrontati nel processo solo marginalmente, ma oggi, dopo un'altra assoluzione, consentono di farsi un'idea su come vennero condotte le indagini. Quando il corpo di Serena venne trovato nel bosco di Fonte Cupa poteva raccontare tante cose. Poteva dire, ad esempio, da quanto tempo la ragazza era morta. Oggi ci si è dovuti accontentare di un dato generico, tra le 24 e le 48 ore prima del ritrovamento come stima la Cattaneo, perché quel 3 giugno del 2001 non venne accertata né la temperatura corporea (attraverso il retto e/o le orecchie) né quella ambientale.
La comparazione di questi due dati avrebbe ristretto il margine di imprecisione sull’orario del decesso. E a nulla, scrive la Cattaneo, sono risultati oggi utili gli unici rilievi, quelli sulle mani, al tempo eseguiti. Neppure, per stabilire l’ora del decesso, aggiunge sempre la Cattaneo, vennero prelevate ed esaminate le larve che si erano depositate sul cadavere di Serena.
L’ora del decesso rappresenta uno dei grandi e incolmabili vuoti sulla morte della ragazza. Uno dei tanti tasselli mancanti di un’inchiesta che a suo tempo non interrogò a sufficienza il corpo di Serena. Quel corpo che avrebbe potuto dare la verità su un omicidio ancora irrisolto a 21 anni di distanza e dopo due processi conclusi con l'assoluzione degli imputati.
Il Messaggero