Schiuma nel fiume Sacco, sequestrato l'impianto della "Gabriele Group" a Patrica

Schiuma nel fiume Sacco, sequestrato l'impianto della "Gabriele Group" a Patrica
Spirito di squadra, tanto lavoro sul campo e infinita pazienza da laboratorio. Questi gli elementi che, dopo mesi di indagine, hanno consentito di individuare la presunta fonte di...

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Spirito di squadra, tanto lavoro sul campo e infinita pazienza da laboratorio. Questi gli elementi che, dopo mesi di indagine, hanno consentito di individuare la presunta fonte di origine della schiuma che, alla fine del novembre dello scorso anno, ha invaso il fiume Sacco destando un grande allarme non solo nella provincia di Frosinone. Il caso finì anche il Parlamento.

Un problema non nuovo quello delle schiume, ma gli sversamenti erano sempre rimasti senza autore. Questa volta no, c’è un presunto responsabile, almeno secondo l’ormai ex procuratore di Frosinone, Giuseppe De Falco, che ha chiesto e ottenuto dal gip del tribunale del capoluogo, Antonello Bracaglia Morante, il sequestro preventivo dello stabilimento “ Gabriele Group” di Patrica che si occupa del trattamento e dello smaltimento di rifiuti liquidi pericolosi e non.
I due rappresentanti dell’azienda sono indagati per i reati di inquinamento ambientale, violazione delle prescrizioni dell’Autorizzazione integrata ambientale (AIA) e impedimento di controllo.
I sigilli sono stati apposti nella giornata di venerdì dai militari del Nucleo investigativo (Nipaf) dei carabinieri forestali agli ordini del maggiore Vitantonio Masi e dagli agenti della Polizia provinciale coordinati dal vice comandante Pierfrancesco Vona che, insieme all’Arpa, hanno condotto le indagini.

LA SVOLTA IN LABORATORIO
L’inchiesta nasce a seguito degli scarichi inquinanti nel fiume Sacco avvenuti il 24 novembre e nella notte tra il 29 e il 30 dello stesso mese. Enormi quantità di reflui sospetti passarono prima attraverso il depuratore dell’Asi di Ceccano mandandolo in tilt e poi finirono nel fiume che venne ricoperto, a partire dal centro urbano di Ceccano, da una spessa coltre di schiuma bianca che arrivò fino alla confluenza con il fiume Liri.

I primi campionamenti dell’Arpa rilevarono la concentrazione di significative quantità di tensioattivi. Sostanze generiche che non consentivano di individuare la fonte. Questo è stato possibile soltanto grazie ad analisi più approfondite e complesse che hanno richiesto parecchio tempo, ma alla fine hanno permesso di individuare una serie di sostanze secondarie, più specifiche.
Una sorta di “impronta digitale” del presunto autore degli sversamenti, perché quelle sostanze trovate nelle schiume erano le stesse rilevate nei reflui dell’azienda “ Gabriele Group” che ora è stata sottoposta a sequestro preventivo.

«ASSENZA DI TRACCIABILITÀ»
Le attività di laboratorio condotte dall’Arpa sono state supportate dalle indagini sul campo di carabinieri forestali e della polizia provinciale. Proprio nel corso dei sopralluoghi, gli investigatori hanno scoperto una serie di presunte violazioni che avrebbero permesso all’azienda di scaricare i reflui nelle condutture fognarie senza trattamento e senza lasciare traccia dei rifiuti e delle acque reflue in uscita dallo stabilimento. Questo poteva avvenire anche perché, hanno spiegato gli investigatori, erano assenti o non funzionavano correttamente i contatori che ogni azienda deve possedere per tracciare i rifiuti gestiti.

LA SCOPERTA DEL BYPASS
Nel corso di un blitz, inoltre, spiegano ancora i carabinieri forestali e la polizia provinciale, «è stato trovato e sequestrato un bypass che consentiva l’immissione dei reflui liquidi non trattati direttamente nella conduttura ASI. È stata scoperta anche una tubazione volante, cioè non collegata stabilmente all’impianto, depositata sul suolo e collegata nella vasca di raccolta delle acque del piazzale, le cosiddette acque di prima pioggia, con la presenza di una pompa».
Sui piazzali inoltre sono stati riscontrati anche sversamenti di acque industriali e fanghi che confluivano nella rete che, secondo l’autorizzazione, avrebbe dovuto raccogliere solo le meteoriche. In questo modo acque industriali e fanghi finivano, tramite condutture delle acque meteoriche, nel fiume Sacco.

«I VANTAGGI ECONOMICI»
Secondo gli inquirenti tutte queste violazioni consentivano un risparmio nei costi di gestione per cui «la società poteva applicare prezzi estremamente vantaggiosi per lo smaltimento dei rifiuti liquidi».

Per impedire ulteriori sversamenti la Procura ha chiesto e ottenuto il sequestro preventivo dello stabilimento. Intanto proseguono i controlli dei carabinieri forestali di Frosinone e della polizia provinciale sugli scarichi e gli sversamenti di reflui nel fiume Sacco. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero