Schiuma nel fiume Sacco, restano i sigilli alla Gabriele Group

Schiuma nel fiume Sacco, restano i sigilli alla Gabriele Group
Tutti gli elementi raccolti nel corso delle indagini «depongono per uno sversamento di rifiuti contenenti sostanze inquinanti e pericolose nel fiume Sacco tale da...

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Tutti gli elementi raccolti nel corso delle indagini «depongono per uno sversamento di rifiuti contenenti sostanze inquinanti e pericolose nel fiume Sacco tale da determinare un significativo e misurabile deterioramento delle acque e del relativo ecosistema».

Questa l'argomentazione con cui il collegio del Riesame del tribunale di Frosinone (presidente Massimo Lisi, i giudici Silvia Fonte Basso e Aurora Gallo) hanno rigettato la richiesta di dissequestro presentata dalla Gabriele Group di Patrica.
I sigilli all'azienda, specializzata nel trattamento di rifiuti liquidi, erano stati apposti lo scorso 27 luglio su disposizione del gip Antonello Bracaglia Morante . Il gip aveva accolto in toto le risultanze delle indagini coordinate dall'ex procuratore Giuseppe De Falco e condotte dai militari del Nucleo investigativo (Nipaf) dei carabinieri forestali agli ordini del maggiore Vitantonio Masi e dagli agenti della Polizia provinciale coordinati dal vice comandante Pierfrancesco Vona. Accertamenti effettuati con la preziosa collaborazione dell'Arpa.

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LE CONTESTAZIONI

Sono stati proprio gli esami di laboratorio a mettere nelle mani degli investigatori una delle prove principali sulla presunta responsabilità della Gabriele Group in merito allo scarico nel fiume Sacco di rifiuti liquidi che, la sera del 24 novembre 2018, provocarono la comparsa di enormi quantità di schiuma, giunte fino al fiume Liri.
L'episodio suscitò così tanto clamore mediatico che intervenne anche il ministro dell'Ambiente Sergio Costa il quale assicurò che sarebbero stati presi i responsabili. Ci sono voluti sette mesi di indagini per venirne a capo. E le prove raccolte da Nipaf, polizia provinciale e Arpa, dopo il sequestro disposto dal Gip, ora hanno retto anche davanti al Riesame.
Le analisi dell'Arpa, argomentano i giudici, hanno dimostrato che le sostanze presenti nella schiuma, contenenti elevate concentrazioni di tensioattivi, erano compatibili con quelle trovate in un pozzetto della Gabriele Group che in teoria doveva servire solo per lo scarico delle acque di pioggia e per questo era collegato con una condotta che sversava direttamente nel fiume Sacco. In realtà, secondo l'accusa, in quel pozzetto, oltre alle acque meteoriche, ci sarebbero finiti anche rifiuti liquidi non trattati attraverso una «tubazione volante», non prevista dall'autorizzazione, sequestrata dagli investigatori nel corso di un blitz.
Nell'azienda, scrivono i giudici, sono state rinvenute «sostanze altamente inquinanti, quali Cromo VI, solventi organici aromatici, Toluene, Stirene, oltre che tensioattivi (sostanze che, essendo state rinvenute nella linea delle acque bianche della società confluiscono direttamente al fiume Sacco senza alcun trattamento».
A tutto questo, scrivono ancora i giudici, deve aggiungersi «il contenuto delle intercettazioni telefoniche, quanto meno sospetto».

LA DIFESA

La difesa della Gabriele Group ha contestato il fatto che le prime verifiche erano state effettuate dalla A&A, società in house del Consorzio Asi che gestisce i depuratori consortili, tra cui quello di Ceccano. Questo quindi, secondo la difesa, non avrebbe garantito l'imparzialità dei controlli, essendo stato anche il depuratore oggetto del fenomeno di inquinamento. Inoltre la difesa ha fatto rilevare che la Provincia aveva rilasciato l'autorizzazione integrata ambientale non riscontrando mai elementi di criticità. Tali obiezioni non sono però state accolte dai giudici che hanno confermato il sequestro.
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Il Messaggero