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Si è parlato tanto delle origini di Francesco Rocca, neo presidente della Regione Lazio. Le aveva accentuate lui stesso durante il tour elettorale in Ciociaria, tanto al Fornaci cinema village di Frosinone quanto al cineteatro Antares di Ceccano. L'amministrazione comunale l'ha accolto con un emblematico striscione: «Francesco, la tua città ti saluta».
Di volta in volta lo hanno raggiunto i tanti parenti di Ceccano, guidati dal cugino più grande: Cesare Rocca. Ha 65 anni, qualcuno in più del governatore, che ne ha 57. L'allora candidato, prima della tappa elettorale, aveva chiamato proprio Cesare per fare una cena tutti insieme. Sono cugini di secondo grado, i loro nonni erano fratelli, in famiglia hanno sempre organizzato rimpatriate.
«Qualche giorno dopo siamo stati in un ristorante di Ceccano - racconta Cesare - Eravamo quasi ottanta, fino ai nipoti e pronipoti».
«Ogni volta sembrava un matrimonio per quanti ne eravamo - dice -. Ricordo che io e Francesco, da bambini, ci tuffavamo e facevamo il bagno in un fusto d'acqua». Il neo presidente ancor prima che della Croce rossa, è stato anche manager dell'ospedale Sant'Andrea di Roma. «Lo era da ragazzo ed è rimasto sempre una persona di cuore - esterna Cesare - Parla spesso di pronto soccorso perché lui l'ospedale, la sanità, ce l'ha proprio a cuore».
Non manca un aneddoto. Cesare, elettricista, stava facendo dei lavori nel reparto di medicina nucleare del Sant'Andrea. A un certo punto, dopo un'équipe di medici, è comparso il direttore generale: suo cugino Francesco. Cesare stava lavorando lì da tre giorni, ma non lo aveva cercato: «Preferivo non disturbarlo, lui era il direttore, io in fondo stavo con gli abiti da lavoro. Per questo, quando mi ha salutato calorosamente, gli ho detto che stavo lì dalla mattina». Lì per lì erano rimasti che si sarebbero visti l'indomani per un caffè. «Quando è ripassato coi camici bianchi, invece, si è fermato e ha detto: «Andate avanti, devo salutare mio cugino - conclude Cesare Rocca - Mi ha riempito di orgoglio, in famiglia non sono tutti avvocati e ingegneri ma anche operai e disoccupati. Per lui sono tutti alla pari».
Il Messaggero