Montecassino, l'ex abate Vittorelli si difende dalle accuse: «I soldi erano della mia famiglia»

L'ex abate di Montecassino Pietro Vittorelli
Si sono difesi, ribattendo punto per punto, alle accuse che la procura di Roma muove nei loro confronti, ed hanno sostenuto che non c'è stata alcuna appropriazione...

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Si sono difesi, ribattendo punto per punto, alle accuse che la procura di Roma muove nei loro confronti, ed hanno sostenuto che non c'è stata alcuna appropriazione indebita, tanto meno il riciclaggio.


Ieri c'è stata, al Tribunale di Roma, l'udienza per l'ex abate di Montecassino Pietro Vittorelli e suo fratello Massimo. Il primo risponde di appropriazione indebita, l'altro di riciclaggio. Al centro dell'inchiesta ci sono circa 500 mila euro che, per la guardia di finanza, i due fratelli avrebbero utilizzato illecitamente. Ma ieri, come accennato, dinanzi alla decima sezione penale del Tribunale di Roma hanno parlato i due imputati.

L'ex abate, (difeso dall'avvocato Sandro Salera e dal collega Bartolo dello studio Coppi), ha ripercorso i vari passaggi di denaro appartenenti all'abbazia di Montecassino, che non si è mai costituita in giudizio contro il suo ex primo monaco, che sarebbero stati utilizzati per curarsi, dove il malore del 2012. Soldi che, sempre a detta dell'ex abate, erano nella sua piena disponibilità in quanto rappresentante legale del monastero e non provenienti da devoluzioni statali.

Una parte di qui soldi, inoltre, sarebbe ancora nella piena disponibilità di benedettini. Stesso discorso per quel che concerne suo fratello Massimo (assistito dall'avvocato Mattia La Marra), il quale ha portato in aula la sua tesi difensiva. La sentenza, al netto dei vari calcoli della prescrizione, è stata fissata per il 6 dicembre prossimo, prima, però, la difesa porterà in aula altri tre testimoni. L'inchiesta della Procura di Roma e delle fiamme gialle, come noto, risale al 2015 quando furono spulciati i conti dei fratelli Vittorelli e gli acquisti fatti.

Le dimissioni da Abate, 191° successore di San Benedetto, invece, risalgono al 2013, dopo un malore che lo portò, per le cure del caso, lontano dal sacro monte cassinate.
 

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Il Messaggero