Ieri mattina, presso la Corte di Assise del tribunale di Frosinone, c’erano tutti. Parenti, amici ma anche privati cittadini che hanno voluto far sentire la loro vicinanza...
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Ieri mattina seduti in prima fila i genitori, la sorella Melissa ed i nonni. Sul bancone le rose bianche legate da un nastro rosso. Per i Morganti quelle rose hanno un significato particolare: rappresentano quello che era Emanuele, un ragazzo puro, dai sani principi strappato alla vita prematuramente.
Mentre il presidente della Corte, il giudice Giuseppe Farinella, calendarizzava le udienze, i quattro imputati tutti detenuti nel carcere della capitale, non hanno mai smesso di fissare la Corte. I genitori dello sventurato giovane hanno cercato di incrociare i loro sguardi ma senza riuscirci.
Mamma Lucia, che da anni sta combattendo contro una grave malattia, non ha voluto rinunciare a presenziare in aula e a parlare con i giornalisti. «Quello che ho provato nel vedere i quattro imputati – ha riferito - è stato un gran ribrezzo. Lo so non avrei dovuto provare simili sensazioni perché tre di questi sono ragazzi. Ed anche le loro famiglie saranno disperate. Però non ho visto nei loro occhi il benché minino pentimento, non sono riuscita a vedere su quei volti il rimorso, il senso di colpa un minimo di umiltà. Ma credo nella giustizia. Il procuratore è stato molto meticoloso nelle indagini. Spero che la storia di Emanuele possa essere di aiuto e di monito a tanti genitori “distratti”. Hanno martirizzato un ragazzo senza motivo». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero