Mollicone, oggi ultimo atto prima della sentenza: si riparte da Tuzi, l'unico testimone tra misteri e dubbi

Mollicone, oggi ultimo atto prima della sentenza: si riparte da Tuzi, l'unico testimone tra misteri e dubbi
Le dichiarazioni del brigadiere Santino Tuzi sono l'unica vera testimonianza oculare dell'omicidio di Serena Mollicone. La sola almeno, nella ricostruzione...

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Le dichiarazioni del brigadiere Santino Tuzi sono l'unica vera testimonianza oculare dell'omicidio di Serena Mollicone. La sola almeno, nella ricostruzione dell'accusa, che consente di collocare la ragazza all'interno della caserma nella mattinata del 1° giugno 2001. Giorno in cui, secondo i pm, la 18 è scomparsa per poi essere uccisa nell'alloggio di servizio della caserma in uso alla famiglia Mottola.

Eppure la testimonianza di Tuzi, per quanto importante dal punto di vista dell'accusa, resta atipica. A partire dal fatto che lui, il testimone, non c'è più. Ci sono, è vero, le registrazioni audio degli interrogatori del 28 marzo e del 9 aprile del 2008, ma anche su queste le interpretazioni di accusa e difesa restano diverse. Per la prima, il brigadiere parlerebbe inequivocabilmente di Serena. Per gli avvocati, al contrario, Tuzi si mostra incerto sia nel riconoscere la ragazza che nel ricordare la data.

Santino Tuzi continua ad essere il fantasma del delitto di Arce, uno dei protagonisti che più degli altri incarna contraddizioni e misteri di un giallo lungo 21 anni. Perché ha parlato solo sette anni dopo l'omicidio? Diceva il vero quando raccontava di aver visto una ragazza che poteva somigliare a Serena raggiungere l'alloggio della famiglia Mottola? Era sicuro sulla data? Si è suicidato perché non ha retto al rimorso e alla paura del coinvolgimento nell'uccisione della ragazza o perché rifiutato dall'amante?
Tutte domande alle quali inevitabilmente la Corte d'Assise di Cassino dovrà dare una risposta per pronunciare il verdetto. I punti di forza della tesi dell'accusa, oltre agli accertamenti scientifici sulla porta contro cui Serena avrebbe sbattuto la testa, ruotano intorno al ruolo di Tuzi, ma anche quelli deboli, almeno secondo il pool difensivo dei Mottola.

L'ULTIMA ARRINGA

Oggi si chiuderà l'arringa difensiva per la famiglia dell'ex maresciallo. Parlerà l'avvocato Germani. Ma già nella scorsa udienza, durante l'intervento dell'avvocato Mauro Marsella, il brigadiere si è guadagnato la scena. È stato in particolare in un momento dell'arringa che il pubblico ministero Beatrice Siravo ha cominciato a scuotere la testa e a prendere a appunti. È stato precisamente quando l'avvocato Marsella ha ricordato che era stata lo stesso pm Siravo a ritenere Tuzi un testimone inattendibile. Il magistrato lo scrisse nero su bianco nella richiesta di archiviazione, letta giovedì scorso in aula dall'avvocato, presentata nel 2015 nel procedimento che riguardava la famiglia Mottola. Per la Siravo, allora, Tuzi aveva parlato perché pressato dal clamore mediatico che cominciava ad esserci intorno alla famiglia Mottola e aveva paura di restare invischiato nell'inchiesta.

L'avvocato ha inoltre ricordato che prima della Siravo anche i magistrati l'avevano preceduta nella conduzione delle indagini sull'omicidio di Arce non erano convinti della bontà delle dichiarazioni del brigadiere. Con tutta probabilità il pm Siravo, nella replica, presterà particolare attenzione a confutare le obiezioni della difesa. Ne va, del resto, di tutto l'impianto accusatorio.

L'INTERCETTAZIONE

Secondo il legale inoltre quando Tuzi, intercettato prima dell'interrogatorio del 28 marzo mentre parla al telefono con l'amica Anna Maria Torriero, dice che gli avrebbero messo le manette non si riferiva all'omicidio di Serena, ma ai rapporti burrascosi che ormai da mesi aveva con il nuovo comandante della Stazione dei carabinieri di Arce, il maresciallo Gaetano Evangelista, che aveva fatto riaprire le indagini sull'omicidio.

Nell'ultima udienza è emerso un altro particolare. La notte tra il 1° e il 2 giugno, quando secondo l'accusa il cadavere di Serena sarebbe stato trasportato dalla caserma di Arce al bosco di Fonte Cupa, l'ex maresciallo Franco Mottola chiamò alle 00:43 Guglielmo Mollicone per chiedergli di andare in caserma. Secondo la difesa questa telefonata confuterebbe la ricostruzione dei pm.

 

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Il Messaggero