L'arma del delitto e la porta della caserma, il processo per la morte di Serena Mollicone riparte dai misteri

Serena Mollicone
La porta sequestrata nell'alloggio della caserma dei carabinieri di Arce è l'arma del delitto di Serena Mollicone? Il processo d'appello riparte, domani mattina...

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La porta sequestrata nell'alloggio della caserma dei carabinieri di Arce è l'arma del delitto di Serena Mollicone? Il processo d'appello riparte, domani mattina - 20 novembre - dall'importante interrogativo che ha calamitato l'attenzione nella riapertura delle indagini nel 2016 ed ha tenuto banco nel processo di primo grado.

La procura ha ritenuto e ritiene che la porta sulla quale è stato trovato il segno di rottura a un metro e sessanta circa da terra sia l'arma del delitto, ma indirettamente la ritiene anche la prova principale della presenza di Serena nell'alloggio a trattativa privata, il giorno del delitto. Ma, non da ultimo, sarebbe anche l'elemento di coinvolgimento della famiglia Mottola nel delitto della 18enne, avvenuto il primo giugno del 2001. L'ipotesi dell'accusa, quindi, continua ad essere il litigio tra Marco Mottola e Serena, la spinta contro la porta e la conseguente morte dopo averle applicato - con la collaborazione dei genitori - una busta con il nastro adesivo attorno al collo. Il pm Beatrice Siravo, ha concluso anche nell'atto di appello: «Sono stati loro». Al contrario la difesa degli imputati, con il criminologo Carmelo Lavorino, ha sempre sostenuto sin dalla fase delle indagini: «Quella non è l'arma del delitto» ottenendo pieno avallo nella sentenza di primo grado. La difesa, in particolare, tra i tanti aspetti tecnici e scientifici ha ritenuto che la porta non è l'arma del delitto perché c'è una differenza di diversi centimetri tra il punto di rottura sul legno e la frattura sul capo della ragazza: «Abbiamo già dimostrato che l'urto contro la porta non c'è mai stato» ha ribadito la difesa.

L'UDIENZA

La corte d'assise d'appello di Roma domani ascolterà i consulenti di parte e, in prima battuta, andrà ad affrontare quello che, nella motivazioni della sentenza di primo grado, con la quale sono stati assolti tutti gli imputati (Franco, Marco, Annamaria Mottola, ma anche i carabinieri Vincenzo Quatrale e Francesco Suprano), viene definito il "mezzo lesivo" del capo della vittima.
Anche in appello, dunque, si ripropone lo scontro tra i consulenti. Verranno ascoltati i consulenti del pubblico ministero Sala, D'Aloia e la professoressa Cattaneo ai quali si contrapporranno, come nel secondo tempo di un film, il professor Lavorino e gli altri consulenti della difesa.
Il medico legale Cattaneo nella sua relazione ha dato il disco verde all'accusa riconoscendo la compatibilità tra il segno di rottura trovato sulla porta e la frattura cranica, lato sinistro, riscontrata sulla 18enne. La porta, come accennato, ha avuto centralità nelle indagini che ha spinto la procura, nel marzo del 2016, a riesumare la salma di Serena per comparare quel segno di rottura sul legno con la lesione sull'arcata sopracciliare sinistra della ragazza. La corte d'assise di Cassino, però, ha ritenuto che la porta non è l'arma del delitto.

LE MOTIVAZIONI

Si legge in motivazione: «L'ipotesi dell'impatto della testa di Serena contro la porta in giudiziale sequestro non si ritiene dimostrata dalle consulenze merceologiche e genetiche».
Spostata appieno la conclusione, valorizzata dalla difesa Mottola, della prima consulenza tecnica della dottoressa Conticelli, che ha sostenuto «l'incompatibilità tra il quadro lesivo presentato da Serena e l'impatto contro una superficie piatta e ampia (come una porta, appunto), ciò in particolare per l'assenza di altre lesioni, che siano oggettivamente indicative di una colluttazione, nonché dell'afferramento e della violenta spinta della vittima contro la porta».
Rilevante al riguardo per la corte d'assise di Cassino è anche «l'argomento in ordine all'assenza di lesioni in altri distretti corporei che Serena, in seguito all'urto contro tale superficie, avrebbe dovuto riportare: il tutto, fra l'altro, in assenza di una qualche spiegazione da parte della professoressa Cattaneo, consulente della Procura, su una possibilità e verosimile dinamica della colluttazione».

Nella stessa udienza verrà trattata anche la causa di morte che è stata ricondotta all'asfissia meccanica.
Vincenzo Caramadre
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Il Messaggero