Frosinone, si finge malato per fare l'idraulico: deve risarcire

Frosinone, si finge malato per fare l'idraulico: deve risarcire
Aveva pensato di arrotondare, anzi forse facendo l'idraulico guadagnava certamente di più rispetto allo stipendio da dipendente con qualifica impiegatizia della...

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Aveva pensato di arrotondare, anzi forse facendo l'idraulico guadagnava certamente di più rispetto allo stipendio da dipendente con qualifica impiegatizia della Ragioneria dello stato. Peccato che per svolgere quell'attività non avesse alcuna autorizzazione (se non per un breve periodo) e così nei suoi confronti è scattato il cosiddetto assenteismo fraudolento. Con conseguente condanna da parte della Corte dei conti a risarcire poco più di 10.000 euro. L'uomo, un sessantenne residente nel capoluogo ciociario, nemmeno si è presentato in giudizio.

Nella sentenza depositata nei giorni scorsi, si legge che la Procura regionale della magistratura contabile contestava che l'uomo «avrebbe svolto in modo continuativo attività di termoidraulico per un lungo periodo di tempo, anche come associato in partecipazione, limitandosi ad ottenere l'autorizzazione dell'Amministrazione di appartenenza solo per il periodo compreso tra il 1 febbraio 2018 ed il 31 agosto 2018». Il danno, per la cosiddetta inddebita percezione di emolumenti era stato quantificato in poco più di 3000 euro, quello da svolgimento di attività non autorizzata in oltre 7000.

In tal senso c'era già stata una condanna penale, anche perché l'uomo «pur se assente dal servizio per malattia» svolgeva tranquillamente l'attività di termoidraulico, senza autorizzazione ministeriale e «dichiarando falsamente la propria presenza in servizio».


Insomma, ce n'era abbastanza per cercare di recuperare somme indebitamente percepite. Peccato che dell'uomo, nel frattempo, si siano perse le tracce e che i tentativi di notifica svolti finora non abbiano sortito effetto, tanto che la Corte dei conti l'ha giudicato in contumacia. Se e quando si riuscirà a ritrovarlo dovrà rimborsare oltre 10.000 euro e le spese di giudizio, per avere «comportato un danno all'erario, consistente nella indebita percezione di emolumenti per la violazione del dovere di esclusività nel rapporto a tempo pieno ed indeterminato» per cui «è ragionevole presumere che una parte delle energie lavorative sia stata distratta dalle attività istituzionali». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero