Scarichi inquinanti nel depuratore? Il gip: «Per la società "AeA" era una questione di soldi»

«Arrivano le bombe atomiche». «Sembra di stare a Gardaland». I responsabili della società AeA che gestisce il depuratore di Villa Santa Lucia, come...

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«Arrivano le bombe atomiche». «Sembra di stare a Gardaland». I responsabili della società AeA che gestisce il depuratore di Villa Santa Lucia, come emerge dalle intercettazioni, ricorrevano spesso a immagini colorite per descrivere la situazione disastrosa dell'impianto. Un impianto ormai fatiscente che non era in grado di trattare i reflui che arrivano dalle industrie (all'81% dalla cartiera Reno dei Medici) e quindi scariva nel Rio Pioppeto acque non trattate con sostanze inquinanti, metalli in particolari, oltre i limiti di legge.

Inquinanti dal depuratore, tre arresti. Il gip: «Gli indagati consapevoli che non funzionava». Le intercettazioni: «Sembra Gardaland»

Gli indagati, scrive il gip Vittoria Sodani nell'ordinanza, pur essendo a «conoscenza delle criticità dell'impianto, della ricezione da parte dello stesso di scarichi reflui al di fuori dei limiti tabellari, della loro provenienza (la cartiera Reno de' Medici, ndr) e degli effetti inquinanti» sul Rio Pioppeto», hanno «omesso deliberatamente e reiteratamente di attivarsi ed adottare gli opportuni provvedimenti e le necessarie cautele per impedire l'inquinamento del fiume».

Chi sapeva e aveva la competenza per decidereiera il presidente della società AeA2, Riccardo Bianchi, il quale, riporta il scrive il gip, «pur sapendo che gli impianti sono vecchi non ha fatto molto per rinnovarli».

Riccardo Bianchi parla con Francesco De Angelis

In particolare, secondo il giudice che ha firmato l'ordinanza, assume rilievo una conversazione tra Bianchi e Francesco De Angelis, presidente del Consorzio industriale di Frosinone. La discussione verte su l'industria Chemi di Patrica che vorrebbe allacciarsi al depuratore e ha chiesto un preventivo. Bianchi delinea i costi: 170/180mila euro se i reflui rispettano i limiti tabellari, se invece i limiti non vengono rispettati, dice Bianchi, i costi schizzano a 700mila euro. Ma la società, scrive il gip, non vuole pagare così tanto e propone una franchigia per ogni violazione. «Stanno a fa i furbi», dice Bianchi che aggiunge pure: «Questi vanno fuori con dei parametri che non sono nemmeno derogabili e so insidiosi».

Il presidente dell'AeA non chiude la questione ma chiede a De Angelis di concordare un incontro: «Li vediamo insieme allora», risponde il presidente dell'Asi. Secondo il gip questa conversazione è paradigmatica perché «il rappresentante dell'AeA invece di allarmarsi e pretendere che l'azienda rispetti i limiti per allacciarsi, ne fa una questione di soldi, nella piena consapevolezza che l'azienda scaricherà i reflui violando parametri importanti, addirittura secondo lui non derogabili».

«Un problema antico, nessuno lo ha risolto»

E i parametri degli inquinanti venivano sistematicamente violati negli scarichi del depuratore di Santa Lucia che finivano nel Rio Pioppeto. Laura Paesano, ex project manager dell'AeA, è schifata a proposito dei reflui: «È allucinante, quando ho visto quella cosa mi stavo sentendo male».

Amedeo Rota (responsabile dell'impianto), commentando i controlli dei carabinieri forestali, dice che non può farci nulla se dalla cartiera Reno De Medici «arrivano bombe atomiche», in riferimento ai reflui in entrata carichi di inquinanti, ma l'interlocutore gli ricorda che «questo è un problema antico, nessuno lo ha voluto mai risolvere» e che comunque responsabile dello scarico finale è il depuratore e non l'azienda.

Il risultato? Lo descrive così uno degli indagati per descrivere lo stato di una vasca: «... sta in mezzo alla merda, che il depuratore sembra Gardaland. Praticamente quella vasca di ossidazione mi sembra Gardaland».

Perché se c'è un guasto, sempre Rota (responsabile dell'impianto) dice con tono ironico al dipendente di farseli dare da chi aveva segnalato il problema: «dicci che se ce li dà 10, 15.000 euro li aggiustiamo» invitandolo a non disturbare più: «Non rompesse li cogl...»
 

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Il Messaggero