Il voto nel Basso Lazio: «Il centrodestra ha vinto perché gli altri deboli».L'analisi del prof Plutino

Il voto nel Basso Lazio: «Il centrodestra ha vinto perché gli altri deboli».L'analisi del prof Plutino
A menta fredda, quattro giorni dopo il voto per il rinnovo del Parlamento italiano che ha decretato una vittoria schiacciante per il centrodestra, a trazione Fratelli...

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A menta fredda, quattro giorni dopo il voto per il rinnovo del Parlamento italiano che ha decretato una vittoria schiacciante per il centrodestra, a trazione Fratelli d'Italia, si commentano i voti.


A scattare una fotografia sui flussi elettorali nel Basso Lazio è il professor Marco Plutino, docente di Diritto costituzionale dell'Università di Cassino e del Lazio meridionale.
Professore, proviamo a confrontare i dati del 2022 con quelli del 2018.
«Per ragionare sui risultati del Basso Lazio, anche al fine di operare un confronto con il 2018, bisogna partire dalle caratterizzazioni della legge elettorale. Si tratta di un sistema misto in parte maggioritario-uninominale e in parte proporzionale a lista bloccata. La riduzione del numero dei parlamentari non ha inciso su questo carattere, ma ha soltanto ampliato la dimensione dei collegi, che sono stati rimodulati. Alla luce dei peculiari risultati che si ebbero nel Basso Lazio nel 2018, la grande incognita che incombeva alla vigilia delle elezioni è se questa volta i nomi candidati nei collegi avrebbero portato un valore aggiunto alle liste o no. Chi avrebbe trainato chi. Nelle elezioni del 2018, caratterizzate da un enorme voto di protesta a favore del Movimento 5Stelle, si ricorderà che gli esponenti di questo partito vinsero agevolmente tutti i collegi sbaragliando la destra tradizionalmente forte in questa parte di Lazio e battendo facilmente candidati autorevoli. Il vento di protesta assegnò i collegi anche a candidati che non fecero affatto campagna elettorale e sconosciuti al territorio, per la semplice ragione che gli elettori si limitarono a votare la lista. A causa dell'assenza del voto disgiunto, il voto si trasferiva anche sul collegio».
Questa volta i risultati sono diversi. C'è stato il voto di protesta, come cinque anni fa?
«Si è riproposto il cappotto, questa volta a favore delle destre, ma il quadro politico e di contesto era diverso. Non si può dire che la vittoria tonda della destra sia frutto dello stesso voto di protesta che colsero i Cinque Stelle. La prevalenza della destra invece è dovuta alla scarsa competitività dell'offerta alternativa. I 5 Stelle si sono rivelati persistenti ma a livelli di consenso più fisiologici. Il Partito Democratico dal canto suo, fortemente indebolito, non è riuscito ad allearsi né con loro né sul versante riformista con Italia sul serio-Calenda. Di conseguenza la destra ha vinto per due ragioni frammiste: la sua offerta politica è risultata più convincente e per la debolezza dei suoi competitori».
Se il Pd si fosse alleato con i 5 Stelle o con Calenda le cose sarebbero andate diversamente?

«Si può discutere se le cose sarebbero potute andare diversamente. In termini di sommatoria numerica, tutta da dimostrare, si può dire che a livello nazionale il centrodestra non avrebbe conseguito la maggioranza al Senato se il Pd si fosse alleato, alternativamente, con il Movimento 5 Stelle o con la lista guidata da Calenda (nel primo caso, con più successo). Nel caso del Basso Lazio una maggiore, limitata, competitività del Partito democratico sarebbe derivata solo da una alleanza con il partito di Conte, perché la lista guidata da Calenda è risultata rilevante nelle realtà metropolitane del centro-nord, meno in un contesto di municipalità diffusa o senz'altro rurale. Ma la verità è che il dato del centrodestra nel caso del Basso Lazio non dava alcuna speranza a qualunque formula di centrosinistra».
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Il Messaggero